Nulla Osta n. 31.773 del 3.3.1942; 2.139 metri.
Fotografia (non accreditato): Giovanni Vitrotti; canzoni: Stanislao Gastaldon, Mario Ruccione, Alberto Velci; costruzioni scenografiche: Luigi Rovere; direttore di produzione: Max Calandri; organizzazione Generale: Mario e Giulio Del Papa; segretario di produzione: Umberto Falciani; segretaria di edizione: Liliana Villarmosa; doppiatori della versione italiana: Gualtiero De Angelis (Tito Gobbi), Lidia Simoneschi (Maria Mercader), Stefano Ribaldi (Carlo Romano).
Film realizzato negli stabilimenti FERT di Torino.
«È il momento del baritono, nei nostri film, come si dice, musicali. Dopo Bechi, ora è la volta di Gobbi. Di solito le difficoltà di inserire un cantante in un film fanno escogitare parecchi accorgimenti per giustificarne il canto frequente, per eluderne la recitazione giulebbata, timida, approssimativa. Invece, con Musica Proibita, ci si butta a capofitto in una folta e romanzesca vicenda, nella quale il baritono canterà quando dovrà cantare, e sarà attore quando dovrà esserlo. (Non è una recitazione, quella di questi cantanti: è un candido e mansueto recitativo). Così il soggettone, e per di più incorniciato di rievocazioni narrate dai protagonisti, va dritto al suo scopo, che è quello di affastellare molti fatti; il giovane baritono assai povero, la marchesina assai ricca, l’ostilità dei marchesi, l’uccisione del marchesino, il giovane baritono imputato, processo in assise, assolutoria per insufficienza di prove, lei non vorrà più rivederlo, e via dicendo ancora fino alla lampante innocenza finale, quando i due saranno assai canuti, e il baritono avrà nel frattempo avuto straordinari trionfi. Il Gobbi si prodiga in parecchi brani del suo repertorio, l’ambientazione fiorentina è impeccabile, la recitazione è tutta un po’ manierata» (M. Gromo, “La Stampa”, 1.4.1943).
«La sceneggiatura del Duse e del regista Campogalliani forza un po’ troppo la mano sulla superba fierezza della nobiltà fiorentina in contrappunto all’umile nascita del giovane – proprio dalla metà del secolo scorso, e per inclinazioni romantiche, molte barriere di tal genere furono infrante – se la complicazione dell’assassinio ci sembra alquanto romanzesca, l’espediente del figlio adottivo e quello chiarificatore della confessione del vero colpevole risultano alquanto artificiosi. La regia di Carlo Campogalliani pur superficiale e ingenua, e non sempre chiara, riesce talvolta a ingranare le situazioni con fluidità. La sequenza del processo, sbrigativa com’è, poteva venire omessa» (M. Meneghini, “L’Osservatore Romano”, 18.6.1943).
«Con Musica Proibita registriamo il passaggio di un altro cantante dalle scene liriche allo schermo: quello del baritono Tito Gobbi che, come la maggiorparte dei suoi colleghi divenuti attori del cinema, canta con la sua voce ma parla con un'altra. E ciò è veramente buffo. ...] Quasi tutti gli attori in questo film sono doppiati, anche quelli che sanno recitare; e ciò per il malvezzo, ormai generale, di girare i film senza colonna sonora, doppiandoli poi sistematicamente in poco tempo e con doppiatori professionisti che ormai non possno tener più conto delle voci che prestano, tanto numerosi sono i loro prestiti. [...] La vicenda del film è poco originale: un amore combattuto e troncato da un equivoco si realizza a distanza d’un ventennio col matrimonio dei rispettivi figli dei due ex-innamorati. L’ambientazione è principio di secolo, genericamente trattata dal regista Campogalliani che, con Carlo Duse, è autore della fiacca sceneggiatura» (F. Callari, “Film”, 26.6.1943).
«Sono tanti gli indizi che ci segnalano quando la lavorazione di un film è stata problematica. Durante la seconda guerra mondiale […] i problemi erano all'ordine del giorno. Nel 1943 la Fert di corso Lombardia lavorava a pieno ritmo, era uno degli stabilimenti più attivi in Italia. Ma la guerra complicava molto la lavorazione. Prendiamo Musica proibita, piccolo film musicale diretto da Carlo Campogalliani e incentrato sulla fama del cantante Tito Gobbi. Tra gli interpreti c'è anche Carletto Romano, che diventerà poi uno dei più famosi doppiatori italiani (sua è la voce di Jerry Lewis, di Paperino e di innumerevoli altri famosi personaggi). Ebbene, nel film la voce non è la sua. Se un professionista della voce veniva doppiato (così come tutti gli attori del film) vuol dire che la postproduzione non aveva a disposizione per il doppiaggio gli attori che avevano interpretato il film. E questo in un anno difficile come il 1943 non deve affatto stupire. Per il resto, si tratta di un film corretto e senza pretese. Campogalliani era già attivo ai tempi del cinema muto e tornerà a Torino più volte negli anni '50, prima di ridare vita nei Sessanta al personaggio di Maciste. Nel film c'è anche la giovanissima Maria Mercader, attrice spagnola che fece innamorare di sé Vittorio De Sica e che è la madre di Christian e di Manuel. Il ragazzino che affianca Tito Gobbi è Peppino Rinaldi, attore bambino che a sua volta avrà un'importante carriera come doppiatore» (S. Della Casa, “La Stampa - TorinoSette”, 27.11.2009).