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Lungometraggi |
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Pulce non c'è
Italia, 2012, 35mm, 97', Colore
Altri titoli: Pulce is not here
Regista Giuseppe Bonito
Soggetto dal romanzo omonimo di Gaia Rayneri
Sceneggiatura Monica Capelli, con la collaborazione di Gaia Rayneri
Fotografia Massimo Bettarelli
Musica originale Mokadelic, Niccolò Fabi (Il silenzio titoli di coda)
Suono Paolo Lucaferri (fonico); Stefano Tuderti (microfonista)
Montaggio Roberto Missiroli
Costumi Fiorenza Cipollone
Trucco Serena Gioia
Aiuto regia Maurizio Quagliana
Casting Stefania Rodà (casting director), Tatjana Callegari e Luana Velliscig (casting e capogruppo)
Ispettore di produzione Davide Spina
Scenografia Michele Modafferi
Assistente alla regia Emanuele Tammaro
Direttore di produzione Vittoria Regano
Arredamento Andrea Simonetti
Segretario di edizione Samuela Zampagni
Interpreti Pippo Delbono (Gualtiero), Marina Massironi (Anita), Piera Degli Esposti (nonna Carmen), Raffaele Pisu (nonno), Francesca Di Benedetto (Giovanna), Ludovica Falda (Pulce), Giorgio Colangeli (dottor Martello), Elisa Catale (Pippa), Anna Ferruzzo (Oriana), Rosanna Gentili (maestra Penelope), Alberto Gimignani (dottor Castelli), Lucia Vasini (Lucetta Voce), Tiziana Catalano (professoressa Garfagnino), Giusi Merli (donna pennacchio), Francesco Rossini (dottor Contengo), Franco Ferrato (maresciallo), Tatiana Lepore (Gelsomina Benfatto)
Produzione Overlook Production (Roma)
Distribuzione Academy Two
Note Assistente costumista: Lisangela Sabbatella; sarta: Augusta Tibaldeschi; assistente operatore: Juri Molinaroli; aiuto operatore macchina: Claudio Di Stefano; video assist: Ksenija Livada; assistente al montaggio: Sandra Eterovic; assistente scenografo: Barbara Sgambellone; fotografi di scena: Laura Lo Faro e Daniele Ratti; coordinatrice di produzione: Francesca Barbagallo; delegata di produzione: Giulia Piccione; segretari di produzione: Daniele Manca, Massimo Donati; attrezzista di preparazione: Orazio Giacoppo; attrezzista di scena: Paolo Villata; capo parrucchiera: Fiorella Novarino; capo squadra elettricisti: Domenico Caiuli; elettricisti: Florin Covaci, Manuel Pavan; capo squadra macchinisti: Roberto Albero; macchinisti: Saverio Sgaramella, Roberto Giansoldati; gruppista: Piero Nati; autista furgone Mdp: Alberto Acquarelli; autista camper trucco: Giacomo Agazzi; autista camion sartoria: Emanuele Fantoli; autisti tricamper: Davide Capozza, Carlo Mondello, Michele Corsino; catering: Screen Riders di Elena Gnisci; organizzazione generale: Tommaso Calevi; vendite internazionali: Adriana Chiesa Enterprises (It).
Pulce non c'è è l'opera prima di Giuseppe Bonito, tratto dall’omonimo romanzo d’esordio di Gaia Rayneri, pubblicato nella collana I coralli, Giulio Einaudi Editore, nel 2009. Ispirato alla storia vera della stessa autrice.
Girato in 5 settimane, da fine settembre al 25 ottobre 2011.
Uscito nelle sale italiane il 6 marzo 2014, il film è andato in onda su RaiTre il 2 aprile 2015 all’interno della trasmissione Ci siamo. Serata per l'autismo, nella Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo.
Premi e festival: in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2012, nella rassegna Alice nelle città, ha avuto 5 minuti di standing ovation dal pubblico di studenti e il Premio speciale della Giuria, con la motivazione: «In un panorama cinematografico internazionale di pellicole poco coraggiose è difficile trovare un film che sussurri con delicatezza l’essenza della vita. È per questo che i giurati di Alice nella Città hanno deciso di assegnare il Premio Speciale della Giuria a Pulce con c’è, capace di far emergere con onestà, dignità e profonda dolcezza una realtà spesso fraintesa. In modo fresco e leggero la pellicola racconta una quotidianità difficile con uno sguardo innocente, puro, raro».
La giuria del Bobbio Film Festival 2014 ha assegnato a Giuseppe Bonito il Premio Coppa del Ciabe.
Ha partecipato a: Journées du Cinéma Italien - Nizza 2015, 31esima edizione; Beijing International Film Festival 2014: Discovering Italy (Pechino, Cina); Festival du Film Italien de Villerupt 2014 - Amilcar Jury June (Villerupt, Francia); Nastro d’argento 2013 (Taormina), nomination Miglior regista esordiente a Giuseppe Bonito, nomination Migliore canzone originale a Il silenzio, di Mokadelic e Niccolò Fabi; Ciak d'oro 2013, nomination Miglior opera prima, a Giuseppe Bonito.
Prodotto da Marco Donati, con il contributo del MiBAC, in associazione con CRT Sviluppo e Crescita, DAMS Discipline Arti Musica e Spettacolo, in associazione con FIP Film Investimenti Piemonte, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.
Facebook: https://www.facebook.com/PulceNonCeIlFilm/.
Locations: Torino.
Sinossi
Pulce ha nove anni, due occhioni accesi e ascolta solo il tango: comunica continuamente, anche se non parla. Mamma Anita da anni cerca di rendere la sua vita migliore. Papà Gualtiero è un medico dall’apparenza burbera, ma si inventa ricette a base di patate da raccontare come favole alla figlia per calmare il suo panico notturno. Un giorno come tanti, Pulce viene allontanata dalla famiglia senza troppe spiegazioni. Attraverso lo sguardo divagante e trasognato della sorella Giovanna entriamo nella quotidianità di una famiglia anormale, con il suo lessico pensato per chi può solo parlare per immagini, il suo caos pieno di emergenza e amore. E senza retorica e senza patetismi esploriamo lo scontro tra mondo adulto e infanzia, tra malattia e normalità, tra rigidità delle istituzioni e legami affettivi.
Dichiarazioni
«Il casting del film ha seguito due filoni, ovvero quello attinente alle due sorelle, Pulce e Giovanna, che rappresentano l’asse portante della storia, e quello relativo ai due genitori, Gualtiero e Anita. Per quanto riguarda le prime due, il casting ha richiesto pazienza e impegno: insieme alla casting director Stefania Rodà abbiamo incontrato oltre 4.000 bambine nel territorio di Torino e della provincia, lavorando soprattutto nelle scuole. Ludovica ci colpì subito perché, pur essendo una bambina non autistica, aveva un modo molto particolare di posare lo sguardo sulle cose, risultando unica nel suo genere; così come Francesca, che attirò da subito la nostra attenzione con il suo passo dinoccolato e il suo volto velato da una sottile malinconia. Per quanto riguarda Marina e Pippo, a me interessava creare un cortocircuito tra due attori che parlassero linguaggi diversi, soprattutto dal punto di vista del metodo. In questo senso, venendo dal teatro, Pippo lavora quasi esclusivamente sul segno, di contro Marina ha un percorso attoriale di stampo più cinematografico, per cui farli interagire sul set è stata un’esperienza assolutamente unica e di arricchimento per tutti. […] La scelta registica è stata precisa: privilegiare un certo grado di realismo rispetto a un’estetica preordinata. Non ho mai forzato la realtà che filmavo, semmai il contrario. In tal senso Torino è stata una scelta naturale, in quanto il romanzo è ambientato in quella città, inoltre per una sua specifica conformazione urbanistica e per un certo tipo di luce quasi alpino, mi ha dato l’occasione di sperimentare un tipo di fotografia molto vicino a quello nord europeo» (G. Bonito a F. Lisa, “rbcasting.com”, 8.04.2014).
«Ho sempre pensato che fare un film dovesse assomigliare a compiere un viaggio, di quelli un pò avventurosi di una volta, senza certezze e comoditá, anche un pò rischiosi. Quando mi sono imbattuto in Pulce non c’è, romanzo d’esordio della giovane scrittrice torinese Gaia Rayneri, la prima cosa che ho pensato è stata proprio che mi offriva una straordinaria occasione di compiere un viaggio, di scoprire una dimensione che non conoscevo, quella dell’autismo, che è condizione tragica e appassionante insieme. […] La vicenda della famiglia Camurati assume connotati quasi kafkiani perché i genitori di Giovanna si devono confrontare con un nemico impersonale, fluido, sfaccettato: le istituzioni. A poco a poco la famiglia Camurati precipita nell’intrico burocratico, nell’insidiosa ragnatela di quelle stesse istituzioni, che nel voler proteggere la famiglia, finiscono di fatto per sventrarla.
Ho scelto di raccontare questa storia con un punto di vista preciso, quello di Giovanna, la sorella tredicenne di Pulce, e con uno sguardo, per così dire, “dall’interno”, seguendo cioè, nell’arco del racconto, unicamente lei e i suoi genitori. […] Vorrei che lo spettatore guardasse il film con gli occhi candidi e divaganti di Giovanna, provasse il suo stupore di adolescente che scopre il mondo degli adulti con le sue leggi spesso drammaticamente incomprensibili, la sua discreta vitalità che nonostante tutto proprio non riesce a piangersi addosso, il suo rapporto con il proprio corpo e con quella strana cosa ancora per lei non ben definibile che si chiama amore. Il mio intento registico sta tutto nel rendere questo sguardo» (G. Bonito, note di regia, “agiscuola.it”, https://agiscuola.it/schede-film/item/384-pulce-non-c.html, 2014).
«Quando ho scritto il romanzo, ho pensato che l’unico modo per raccontare una storia così intensa fosse deformarla, farla vedere dagli occhi di una ragazzina appartenente alla schiera dei narratori inaffidabili, che proprio in quanto inattendibile può permettersi di gridare la verità, come a un adulto non è più permesso. Ho pensato che la disabilità potesse essere un tema repellente per molti, [...] così ho deciso di trattarlo con l’arma più potente che avevo sottomano, cioè l’ironia. Speravo di accalappiare il lettore con quel tipo di risata che può nascere solo nella tragedia, e con l’arma del riso speravo di potere, per lo spazio della lettura e della sospensione dell’incredulità, livellare tutti, “normali” e “non normali”.
Giuseppe Bonito ha optato invece per un approccio più corale alla narrazione, meno mediata qui da un punto di vista e quindi dalla sua ironia. Ha deciso di prendere la storia per com’era e di portarla in scena come un pugno nella pancia. Perciò, per continuare ad adoperare quella delicatezza che permette di rendere credibili e commoventi le proprie denunce, un solo modus operandi si è rivelato possibile: quello di metterci tutta l’umanità di cui disponevamo. È così che, per preparare il film, Marina Massironi ha passato le notti su youtube a studiarsi video sulla comunicazione facilitata; il regista ha deciso di non cercare di sorprendere gli spettatori con virtuosismi della macchina da presa, ma con la sua intimità e il suo dolore; Pippo Delbono si è calato nei panni di un padre su cui grava la più infamante delle accuse (e mi ha detto che gli è costato più di quanto si possa pensare fingersi eterosessuale); e le due bambine protagoniste, Francesca Di Benedetto (Giovanna) e Ludovica Falda (Pulce) hanno portato la loro leggerezza e la loro inconsapevole magia lasciandosi dirigere come le più grandi attrici, ma senza perdere la loro giovialità: persone, per essere migliori personaggi» (G. Rayneri, scheda del film, “agiscuola.it”, 2014).
«La storia è toccante e il film la racconta magistralmente. Torino è quasi sempre grigia e piovosa. Il momento più alto è quando il padre, interrogato dagli psicologi, afferma: “Come mi sento? Sono incazzato. In otto di anni di vita di mia figlia, l’unico svago è stato quello di andare a fare la spesa”» (“La stampa” 16.11.2012).
«Tratto da una storia vera, con dito puntato sulle istituzioni, il film è raccontato con grande sensibilità dal promettente Giuseppe Bonito. Cast perfetto: dai misurati genitori, Delbono e Massironi, alla talentuosa “deb” Di Benedetto» (M. Acerbi, “Il Giornale”, 6.03.2014).
«Non sempre vedere il nome dell’autore del libro originario basta a “garantire” lo spettatore per quanto riguarda la fedeltà di un film rispetto al testo di partenza. Pulce non c'è, dal libro di Gaia Rayneri al film di Giuseppe Bonito, ha subito un processo di trasformazione minimo (qualche variazione è sempre necessaria) rispettando totalmente le parole scritte.
Del resto Bonito nelle interviste di presentazione ha sempre dichiarato di aver trovato “perfetto” quel testo, e perfettamente abbinate le parole scelte: è stato operato, parole sue, un “doppio tradimento”, passando da un unico punto di vista - quello di Giovanna - a un film più corale, e i fatti sono stati temporalmente “allineati” per rendere più fluido il racconto.
Per il resto il libro è tutto sullo schermo: con meno ironia “livellatrice” (così la definisce Gaia Rayneri), dovuta all’interpretazione dei fatti della tredicenne protagonista, e più lirismo, ma è impossibile che un lettore esca insoddisfatto dalla visione del film» (C. Griseri, “cinemaitaliano.info, 14.12.2012).
«Giuseppe Bonito, al suo esordio nel difficile mondo dei lungometraggi, evita le secche fin troppo facili del sentimentalismo e della melassa – l’uso parco, quasi minimale della colonna sonora, di per sé, può quasi far gridare al miracolo alle nostre latitudini – intessendo con sobrietà un quadro familiare e sociale in una Torino dalla luce grigia e spenta (asettica come la luce degli istituti per l’infanzia e dei palazzi di giustizia) che la fotografia coglie in maniera mai così impietosa» (G. Iacono, “cinematografo.it”, 6.03.2014).
«Il regista, alla sua opera prima, non si lascia andare a facili sensazionalismi o pietismi. Avverte tutta l’urgenza di raccontare questa storia difficile, ma lo fa con un rispetto profondo nei confronti dei suoi protagonisti, uomini e donne in carne e ossa. Lo fa nel modo migliore, senza fronzoli da melodramma né retorica, con uno stile personale che procede per sottrazione e fa emergere da sé l’impatto della denuncia, senza alcuna forzatura. Grande merito, il suo, anche quello di avere scoperto un’interprete straordinaria, scovata con i casting nelle scuole torinesi. L’esordiente Francesca Di Benedetto conferisce a Giovanna la naturalissima delicatezza della Alba Rohrwacher delle prime interpretazioni. E vederla camminare insicura e trasognata per le strade di una Torino industriale, che ha i colori sbiaditi e nebbiosi di una città nordeuropea, conferisce al film il massimo della poeticità» (A. Furfari, “mymovies.it”, 2012).
Scheda a cura di Cristina Nebbia
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