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Lungometraggi |
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Io, Amleto
Italia, 1952, 35mm, 100', Colore
Regia Giorgio C. Simonelli
Soggetto Mario Amendola, Erminio Macario, Ruggero Maccari, da Amleto di William Shakespeare
Sceneggiatura Mario Amendola, Edoardo Anton, Dino Falconi, Giovanni Grimaldi, Ugo Guerra, Ruggero Maccari, Renzo Puntoni, Vincenzo Rovi, Carlo Veo, Dino Verde
Fotografia Domenico Scala
Operatore Marcello Gatti
Musica originale Ferruccio Martinelli
Suono Mario Faraoni
Montaggio Nino Baragli
Scenografia Arrigo Breschi
Arredamento Saverio D'Eugenio
Costumi Anna Maria Feo
Trucco Franz Sala
Aiuto regia Gastone Ramazzotti
Interpreti Erminio Macario (Amleto), Franca Marzi (regina Gertrud), Rossana Podestà (Ofelia), Adriano Rimoldi (Laerte), Luigi Pavese (re Claudio), Giuseppe Porelli (Polonio), Marisa Merlini, Virgilio Riento, Carlo Rizzo, Alfredo Varelli, Silvio Noto, Guido Riccioli, Manlio Busoni, Giancarla Vessio, Guglielmo Barnabò, Marisa D’Auro, Elena Giusti, Saro Urzì
Direttore di produzione Armando Franci
Produzione Erminio Macario per Macario Film
Distribuzione Safa-Palatino
Note Assistente operatore: Luigi Kuveiller; canzoni: Cherubini, Ferruccio Martinelli; assistente alla regia: Gastone Ramazzotti; organizzazione generale: Nicola Rotolo; segretario di produzione: Claudio Agostinelli; segretaria di edizione: Isa Mari.
Sinossi
Ad Amleto, principe di Danimarca, appare l'ombra del defunto Re, suo padre, che gli rivela d'esser stato assassinato dal proprio fratello Claudio, il quale ha osato anche far sua la vedova, madre d'Amleto. La rivelazione non suscita un generoso sdegno nell'animo del principe, che resta un po' dubbioso; ma è spaventatissimo, perché pensa a ragione che il re Claudio farà il possibile per toglierlo di mezzo. Il re compie infatti, per mezzo dei suoi sicari, tutta una serie di attentati alla vita di Amleto, che riesce sempre a cavarsela, grazie alla sua furberia ed all'aiuto di fidi amici. Per far credere ai cortigiani che Amleto abbia ucciso Polonio, il Re fa sparire il ciambellano, rinchiudendolo in prigione. Ma Amleto, che fingendosi pazzo s'è liberato da ogni accusa, liberare tutti i prigionieri politici. Scoppia la rivoluzione, re Claudio viene ucciso, Amleto sposa Ofelia e diventa il Capo della Repubblica di Danimarca.
«L’attore, una volta tanto sopravvalutando le esperienze di uomo di spettacolo “globale” sin lì maturate, riteneva di potersi cimentare con profitto anche nel ruolo di produttore dei film da lui interpretati. In fondo, dal niente in pochi anni si era improvvisato prima attore, poi autore, direttore artistico e infine titolare di compagnia: in cuor suo era convinto di poter affrontare con uguale successo anche quell’impegnativo ruolo a lui totalmente sconosciuto. Invece questa volta il coraggio, che certo non gli faceva difetto, non lo premiò per nulla; anzi, gli assestò una botta dalla quale non fu per nulla facile risollevarsi. Nell’intraprendere la nuova avventura Macario ritenne opportuno puntare sul sicuro, cercando di rinverdire sul set cinematografico i fortunati fasti rivistaioli di Follie d’Amleto, spettacolo scritto da Amendola, Carlo Rizzo e dallo stesso Macario che quasi dieci anni prima aveva fatto impazzire l’Italia anche grazie alla equilibrata avvenenza del duo Barzizza-Masiero. Così nel ’53 produsse la pretenziosa e assai costosa pellicola Io, Amleto diretta da Giorgio Simonelli che, poggiando su un testo tutto sommato rigoroso, lasciava largo spazio alla sua raffinata interpretazione. Per una serie di sfortunate ragioni concomitanti, tra cui l’uscita della pellicola fuori stagione e un imprevisto e immotivato intervento censorio, il film si rivelò un flop senza precedenti che accumulò notevoli perdite, per coprire le quali non risultava sufficiente neppure l’enorme capitale da lui investito nell’impresa» (M. Ternavasio, Macario. Vita di un comico, Lindau, Torino, 1998).
Io, Amleto è una «parodia Shakesperiana piuttosto fiacca e di dubbio gusto, [...] non soddisfa neppure per le sue trovate comiche che raramente conseguono l'effetto desiderato. Si tratta in realtà di un informe zibaldone, nel quale alcuni spunti felici vengono affondati nel “mare magnum” di ripetizioni, goffaggini e i luoghi comuni» (U. Tani, “Intermezzo”, nn. 13/14/15, 1953).
Comunque, va ricordata almeno «la vistosa Rossana Podestà nei panni di Ofelia. Il film diretto da Giorgio Simonelli, è una puntigliosa parodia dell’originale, ma in accordo con la vena comica si conclude con un lieto fine» (www.trax.it/olivieropdp/amleto.htm#1952)
«Simonelli è un indefesso impiegato della regia (una media di 2 film all'anno per più di trent'anni), specialista in parodie di film o temi famosi. A essere rivoltato questa volta è il grande Will. Con innocua sciattaggine. C'è perfino una lieta fine rivoluzionaria: ucciso l'usurpatore assassino Claudio Amleto sposa Ofelia e viene eletto presidente della repubblica» (www.cinemedioevo.net/film/cine_io_amleto.htm).
Scheda a cura di Matteo Pollone
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