Nulla Osta n. 31.567 del 27.2.1942; 2.450 metri. Datadi produzione: 1941.
«Una donna importante è questa Zita Szeleczky venuta a noi dall’amica Ungheria. [...] Abbiamo detto “donna” e non “attrice” importante. Sebbene infatti la Zita sia tutt’altro che da buttar via come interprete, è chiaro che essa non è una grande attrice: il suo modo di porgere è abbastanza efficace ma senza malizia, senza classe, si tratta di un’attrice d’istinto. Invece ha, questa Zita (la chiameremo sempre per nome dato che ha un cognome impossibile...) una virtù molto importante, quel quid che chiamano “fotogenia”: consistente nel riempire della propria presenza fisica, della propria vitalità, lo schermo cinematografico [...] la sua presenza basta a salvare le sequenze di un film che è pieno di difetti e ripete tranquillamente situazioni vecchie come il mondo. Si capisce che questa Zita ha bisogno di esser messa a punto, sfoggia tra l’altro un cattivo gusto nel vestire, addirittura esemplare. Ma quel suo corpo guizzante, il volto mongoloide, gli occhi che cambiano espressione con la stessa facilità dei mattini di primavera, sono un sicuro acquisto per il cinema. Restano da dire due parole sul film. Tentazione è pieno di ricordi. E infatti il solito motivo naturalista dell’uomo sui cinquant’anni, dell’uomo austero, che è reso improvvisamente da un trasalimento dei sensi, da un inganno d’amore. Negli anni passati, al tempo dell’ Angelo Azzurro, l’attore tedesco Emil Jannings si era fatta una specialità di queste faccende. Situazioni di quei film lontani si ripetono in Tentazione senza neppure che lo sceneggiatore si preoccupi di nascondere le fonti. Il racconto poi è tirato via, senza i necessari indugi a giustificare i trapassi psicologici» (Volpone [P. Bianchi], “Il Bertoldo”, 15.5.1942).
«Lo spettatore attento ripenserà [...] a un film celebre d’altro tempo, L’angelo azzurro. Il richiamo non è tanto suggerito dal costrutto della vicenda [...] quanto e soprattutto dall’aspetto e dalla recitazione del protagonista, che s’è intonato, anche nella truccatura al ricordo di Emil Jannings» (D. Calcagno, “Film”, 2.1.1943).