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Lungometraggi |
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Arrivano i nostri
Italia, 1951, 35mm, 112', B/N
Regia Mario Mattoli
Soggetto Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Age (Agenore Incrocci), (Furio) Scarpelli
Sceneggiatura Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Age (Agenore Incrocci), (Furio) Scarpelli
Fotografia Mario Albertelli
Operatore Silvano Ippoliti
Musica originale Armando Fragna
Montaggio Giuliana Attenni
Scenografia Alberto Boccianti
Trucco Goffredo Rocchetti
Aiuto regia Roberto Cinquini
Interpreti Walter Chiari (Walter, l’autista), Lisetta Nava (Lisetta Ropelli), Riccardo Billi (Daniele), Mario Riva (Mario, il truffatore), Franca Marzi (Giava Chellis), Nyta Dover (Nyta, la domatrice), Alberto Sorrentino (socio di Mario), Pina Renzi, Carlo Croccolo (Karl), Giuseppe Porelli (barone Ropelli), Cesco Baseggio (generale), Carlo Romano (Garlandi), Nino Pavese (marito), Ughetto Bertucci (buttafuori), Giacomo Furia (automobilista), Enzo Garinei (buttafuori)
Ispettore di produzione Nello Meniconi
Produzione Excelsa Film
Distribuzione Minerva Film
Note Direttore d’orchestra: Cinico Angelini; cantante: Nilla Pizzi; coreografia: Gisa Chery; altri interpreti: Guglielmo Barnabò (impresario), Ughetto Bertucci, Guglielmo Inglese, Gianni Cavalieri, Gino Cavalieri, Bruno Corelli, Bruno Lanzarini, Diana Dei, Giorgio Russo, Arnaldo Martelli, Diana Nava, Conchita Nava, Alba Arnova, Alberto Collo, Franco Sportelli, Liana Billi, Cinico Angelini; organizzazione generale: Isidoro Broggi; segretaria di edizione: Luciana Pedrosi.
Le riprese in interni sono state realizzate negli studi Fert di Torino.
Sinossi
Lisetta, figlia di un barone caduto in disgrazia, ama segretamente – riamata - Walter, studente di medicina che per mantenersi fa l’autista al servizio dell’industriale Garlandi, affarista senza scrupoli il quale è innamorato di Lisetta e vorrebbe sposarla. Per raggiungere questo scopo Garlandi vuole utilizzare alcune cambiali firmate dal barone: il matrimonio sembra inevitabile, ma Walter tenta di impedirlo con l’aiuto di tre artisti di varietà. Questi recuperano un gioiello appartenuto al nobile, con il ricavato pagano i suoi debiti e impediscono il matrimonio tra Garlandi e Lisetta, che può così sposare Walter.
Arrivano i nostri trae la sua vis comica dall’azione supportata da una valida sceneggiatura ricca di trovate: «stavolta la comicità di Mattoli non è più fine del solito – questo no – ma un pochino più mossa e la storiella degli squattrinati che si fanno in quattro e in otto per tirare fuori dagli impicci il caro vecchio nobile decaduto e più squattrinato di loro non è peregrina – questo mai – ma è così ben imbrogliata con episodi e contro-episodi di lega rivistaiola e pupazzettara che uno alla fine si adatta abbastanza di buon animo a farsela raccontare» (g.c., “La Gazzetta del Popolo”, 8.3.1951).
«La vicenda passa da un campo di corse a un tabarin, dove una falsa Carmen Miranda si produce nel suo repertorio; e di qui a una villa in cui avvengono i tradizionali qui pro quo del teatro burlesco, per concludersi in un circo equestre da cui il gruppo dei salvatori travestiti da cow-boys muove al soccorso della ragazza ormai in procinto di sposare. Non manca al film, anzi abbonda, la materia comica: quello che difetta è, al solito, l’elaborazione. Nondimeno il film strappa non di rado la risata un po’ per qualche trovatina del copione, un po’ e più speso per la vivacità buffonesca e vernacola degli interpreti» (Vice, “La Stampa”, 8.3.1951).
«Neppure con questo film usciamo dai soliti luoghi comuni e dai modesti rizzonti che gravano normalmente sui nostri film comici. [...] si susseguono avventure e trovate, tra cui indubbiamente divertenti sono la scena della notte nella villa del cattivo quando tentano di sottrargli le tragiche cambiali, o quella in cui si tenta di ritardare il matrimonio-mercato in attesa dei ”nostri”. Ma il guaio è che al film manca il fiato, che gli episodi rimangono slegati, molte trovate non sono nuove e le doti di Walter Chiari non sono sufficienti a sostenerle per tutto il tempo: anche se con lui troviamo Mario Riva e Riccardo Billi insieme alle grazie di Franca Marzi, Lisetta Nava e Nyta Dover» (P. Gobetti, “l’Unità”, 8.3.1951).
«Cose così, film come questo non si discutono. O si prendono o si lasciano [...] aggiungiamo che stavolta la comicità di Mattoli non è più fine del solito – questo no – ma un pochino più mossa e la storiella [...] non è peregrina – questo mai – ma è così ben imbrogliata con episodi e contro-episodi di lega rivistaiola e pupazzettara che uno alla fine si adatta abbastanza di buon animo a farsela raccontare» (g.c., “La Gazzetta del Popolo”, 8.3.1950).
Scheda a cura di Davide Larocca
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