«Imputato, alzatevi!, uscito nelle sale di tutta Italia nel ’39, rappresentò probabilmente una delle più riuscite prove cinematografiche dell’attore piemontese. L’udienza in tribunale che vedeva giudici e pubblico battibeccare e cantare in coro costituì un’eccellente trovata comica. Da una frase del motivetto che Erminio suonava un po’ goffamente al pianoforte (Lo vedi come sei?) nacque quell’intercalare tipicamente torinese che entrò ben presto nella parlata quotidiana della gente. Quella strofa diede il titolo al terzo lungometraggio interpretato da Macario agli inizi del 1940, mentre il comico, che nel frattempo sbarcava il lunario recitando anche in spettacoli per la forze armate, viveva nella capitale» (M. Ternavasio, Macario, Lindau, Torino, 1998).
Girato velocemente tra gli studi a Cinecittà e location torinesi (la troupe è nel capoluogo piemontese proprio quando arriva la notizia che la Polonia è stata invasa dai nazisti) a ridosso del grande successo di Imputato, alzatevi!, nel quale Mattoli e Macario avevano inaugurato in Italia un nuovo tipo di cinema comico (secondo Mattoli «C’era la commedia, oppure le torte in faccia alla Ridolini»), Lo vedi come sei… lo vedi come sei! mantiene grossomodo la formula che aveva fatto la fortuna del titolo precedente: lavorazione all’americana, con un largo utilizzo di gagmen provenienti dal giornalismo satirico che inventano sketch e battute poi integrate quotidianamente nel copione, ritmo sfrenato, vicenda assurda e tono surreale.
Al contrario di Imputato, alzatevi!, ambientato in Francia, qui «Macario è restituito alle sue origini piemontesi, e il film conserva molte suggestioni dell’attualità italiana (ad esempio la storpiatura italianizzata del nome del paese, che è Gressoney, già utilizzato da Mattoli per una sequenza di Tempo Massimo)» (S. Della Casa, Mario Mattoli, La Nuova Italia, Firenze, 1989). Inoltre nel film troviamo una divertente presa in giro del cinema americano nel film-testamento dello zio Sofia, che appare dotato addirittura di titoli di testa e di un marchio che è la parodia di quello della Metro Goldwin Mayer.
Il personaggio di Macario comincia ad assumere alcune qualità specifiche che gli darà poi Borghesio a partire dall’immediato dopoguerra: si allontana dalle velleità chapliniane dell’esordio e assume una serie di caratteristiche piccolo borghesi che si accordano bene con la satira presente nel film. «Il percorso per sperperare soldi è appunto quello tipico del piccolo borghese, compresa la paura della Borsa […]. L’avere a che fare con autorità arroganti e imbelli (dal bigliettaio di Cressone al sindaco del paese, dal direttore artistico della Scala all’organizzatore del luna park) non suscita in Macario ribellione, ma tentativi di aggirare l’ostacolo senza doverne soffrire» (S. Della Casa, Op. cit.).
La comicità di Macario non è quindi una forza sovvertitrice, feroce, come quella di Chaplin, e nemmeno scaltra e astuta come quella di Totò, è invece delicata e tenera, propria di un personaggio remissivo che finisce sempre per buscarle.
Pochi anni dopo Allan Dwan, prolifico regista hollywoodiano, realizzò Brewster’s Millions (Milioni in pericolo, 1945), una commedia dalla trama molto simile a quella di Lo vedi come sei… lo vedi come sei!; nel 1985 venne poi prodotto, ad opera di Walter Hill, un remake con lo stesso titolo (in Italia: Chi più spende… più guadagna!) che paradossalmente risulta ancora più somigliante del precedente al film di Mattoli.