Regia Luciano Doria
Soggetto dalla commedia "Le train de plaisir" di Hennequin, Mortier & Saint Albin
Sceneggiatura Luciano Doria
Fotografia Anchise Brizzi
Scenografia Luciano Doria
Interpreti Elena Sangro, Pauline Polaire, Lydia Quaranta, Petronilla Garis, Oreste Bilancia, Alberto Collo, Alex Bernard, Franz Sala, Domenico Serra, Alberto Pasquali, Armand Pouget, Augusto Bandini
Produzione Fert Film
Distribuzione Pittaluga
Note 1.926 metri
Visto censura n. 20.093 del 1.11.1924
«Secondo una breve notizia (“Films Pittaluga”, II15) la lavorazione del film fu spostata da corso Lombardia allo studio Rodolfi di corso Vercelli – già acquistato da Pittaluga – per l’eccessivo affollamento di pellicole» (Il periodo del muto, “Quaderni Fert di Ricerca Storica”, n. 1, Associazione F.E.R.T., Torino, 1999).
Sinossi
Il ricco macellaio Aristide Cassegrain e la sua novella sposa Virginia partono da Parigi in compagnia di un gruppo di amici per la luna di miele, a bordo del treno di piacere. Durante il viaggio, alquanto movimentato, la comitiva è costretta a fermarsi senza bagagli a Valdirose a causa di un incidente ferroviario e si ritrova senza denaro; bisognerebbe rientrare nella capitale ma il treno di piacere fa una sola corsa alla settimana. Avendo scoperto che il proprietario dell’albergo locale, ritrovo abituale di coppie clandestine, sta aspettando nuovo personale, gli sposini e i loro amici si fanno assumere ma portano un tale scompiglio nel precario equilibrio amoroso dell’hotel che vengono arrestati in blocco e pensano di aver risolto ogni problema di vitto e alloggio. Il direttore del carcere vuole invece farli evadere per motivi economici... finalmente arriva il treno di piacere e l’allegra comitiva fa ritorno a Parigi.
«Luciano Doria ha tradotto questa pochade di Hennequin, Mortier e S. Albin per il cinematografo. Cosa ardua e difficile giacché il motto, la battuta, la charme francese proprie di un eloquio colorito, presenta delle finezze, delle nuances e delle profondità in potenza che solo la parola – suono, armonia, tonalità – possono rendere. Ma Luciano Doria ha girato le difficoltà, anzi le ha vinte con un’azione divergente. Al motto di spirito non ha solo sostituito il gesto, la mossa, l’espressione fisionomica, egli ha fatto di più: ha dato l’azione. Là dove la parola voleva significare una situazione, caratterizzare un tipo, egli ci ha dato la situazione reale, ci ha dato il tipo in carne ed ossa con lineamenti proprii, intonazione particolare. Il suo, dunque, più che un lavoro di riduzione, è stato un’opera di integrazione a cui ha soccorso il suo forte intuito, la conoscenza profonda di ogni effetto e più una visione ampia e colorita. Noi quindi, non si assiste a una produzione di tre autori, ma alla interpretazione di un quarto che ha saputo trarre da ogni piega, da tutte le parole dette e non dette, dalle stesse intenzioni, una sua commedia ricca di elementi originari e propria, sostenuta dalla propria creazione. Perciò ci è piaciuta, abbiamo riso e sorriso assai quanto e forse più alla lettura o alla rappresentazione del lavoro originale. Ha contribuito al suo buon successo una eccellente interpretazione. Gli attori hanno saputo portare una singolare distinzione, penetrare ogni carattere ed esprimerlo con peculiarità di accenti, così da rendere quasi superflua la parola. Il discorso scenico, la mimica, l’espressività psicologica sono serrati, concludenti, raggiungendo sempre ed efficacemente il risultato di una larga comicità» (Gulliver, “La Rivista Cinematografica”, n. 24, 25.12.1924).
Scheda a cura di Azzurra Camoglio
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