1120 / 1500 metri, in tre parti (sul foglio pubblicitario del Cinematografo della Borsa di Torino il film risulta di 1400 metri, in 4 parti)
Nulla Osta n. 1.222 del 1.12.1913
Frase di lancio: «È un dramma potente che procede conciso, serrato senza inutili scene. Interpretato dai migliori artisti della Casa, alle parti fortemente drammatiche unisce scene di fin sentimento. L’animo di chi v’assiste è preso da un senso di aspettativa in quel potente cozzo tra bene e male, tra la virtù e la bassa cupidigia» (dal foglio pubblicitario del Cinematografo della Borsa di Torino).
«È un dramma potente che procede conciso, serrato senza inutili riempitivi, inutili scene. Interpretato dai migliori artisti della Casa, alle parti fortemente drammatiche unisce scene di fine sentimento. L’animo di chi v’assiste è preso da un senso di aspettativa in quel potente cozzo tra bene e male, tra virtù e bassa cupidigia. Interpreti: signorina Maria Caserini Gasparini, signorina Lydia de Roberti, signorina Mary Bayma Riva, e signori Mario Bonnard, Dante Cappelli, Antonio Monti. Messa in scena di Alberto degli Abbati» (“La Vita Cinematografica”, a. IV, n. 18, 30 settembre 1913).
«Questo grandioso dramma in tre parti dovuto alla penna di Vincenzo Bajardi, per conto della Casa Gloria, non brilla, a dire vero, per soverchia novità dell’argomento. Vi si notano tutti gl’ingredienti drammatici del vecchio stile: il naufragio, il suicidio dell’armatore, il trionfo della fatale avventuriera, il matrimonio segreto, il figlio diseredato, ed il finale redde rationem del colpevole, o meglio della colpevole, la quale finisce per uccidersi. A parte tutto questo, il dramma del Bajardi riesce, perchè abilmente intrecciato e svolto, ad interessare ed a commuovere. L’allestimento scenico della Casa Gloria merita lode ed il medesimo va detto degli interpreti: Maria Caserini Gasparini seppe dare potente rilievo all’odiosa parte della avventuriera, ottenendo mirabili effetti d’espressione e dimimica. Lydia De Roberti impressionante nella scena della pazzia, e Mary Bayma Riva, un’esile e deliziosa figurina tutta sentimento. Nel sesso forte, corretto ed elegante Mario Bonnard e lodevoli tutti gli altri, in ispecie Dante Cappelli e Antonio Monti» (E. Bersten, “Il Maggese Cinematografico”, n. 13, 25 ottobre 1913).
«Un nuovo lusinghiero successo ebbe la Gloria a Trieste col suo terzo magnifico lavoro: Anima perversa, che ha lasciato nel numerosissimo ed elegante pubblico triestino la più grata impressione. Tutte le scene di questa incomparabile pellicola sono belle e attraenti; eleganza, effetti di scena sempre nuovi, come negli altri due lavori della grande e simpatica Casa torinese se ne ammiravano; recitazione inappuntabile, movimento massa e presa d’ambiente fedelissima; cura amorosa dei particolari; ed è appunto per questo che dobbiamo dire che Anima Perversa è il più bello e commuovente quadro che assistemmo nei giorni passati. È un lavoro discreto, ma illustra un soggetto poco credibile, ed il pubblico non lo apprezza per il suo merito reale. Contribuisce anche molto, in questo giudizio, la figura della protagonista non adatta per quelle parti, ed i noleggiatori, anche se vincolati da contratti potrebbero protestarsi e rifiutare la pellicola non avendo la prima attrice en forme» (“L’Araldo della Cinematografia”, n. 8, 18 ottobre 1913).
«In quest’ultima quindicina dopo la La belva della jungla, un emozionantissimo dramma, in due lunghe parti, che riesce indimenticabile specie per l’inseparabile ed amoroso duo costituito da una graziosa fanciulla e da una tigre addomesticata in una maniera davvero sorprendente: avremmo Anima Perversa, questo grandioso dramma in tre parti dovuto alla penna di Vincenzo Baiardi, per conto della “Casa Gloria”, non brilla, a dire il vero, per la soverchia novità dell’argomento. Vi si notano tutti argomenti gl’ingredienti drammatici del vecchio stile, il naufragio, il suicidio dell’armatore, il trionfo della fatale avventuriera, il matrimonio segreto, il figlio diseredato, ed il finale redde rationem del colpevole, o meglio della colpevole, la quale finisce per uccidersi. A parte tutto questo, il dramma del Bajardi riesce, perché abilmente intrecciato, e svolto, ad interessare ed a commuovere. L’allestimento scenico della “Casa Gloria” merita lode ed il medesimo va detto degli interpreti, Maria Caserini Gasparini, seppe dare potente rilievo all’odiosa parte dell’avventuriera, ottenendo mirabili effetti d’espressione e di mimica. Lydia De Roberti, impressionante nella scena della pazzia, Mary Bayma Riva, un’esile e deliziosa figurina tutta sentimento. Nel sesso forte corretto ed elegante, Mario Bonnard, e lodevoli tutti gli altri in ispecie Dante Cappelli e Antonio Monti» (“Il Maggese Cinematografico”, a I, n. 13, 25 ottobre 1913).