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Cortometraggi e Documentari |
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Troppi guai per Wilbur
Italia, 1991, Betacam, 50', Colore
Regia Flavio Moretti
Sceneggiatura Flavio Moretti
Fotografia Flavio Moretti
Musica originale Vincenzo Torelli
Scenografia Giuseppe Garau
Interpreti Vincenzo Torelli (Wilbur), Gianni Raso, Giorgio Scapecchi, Roberta Cerutti, Laura Goitre
Produzione Flay Productions
Distribuzione R.V.EN.
Note Primo Premio Spazio Italia al Festival Cinema Giovani di Torino 1991.
Sinossi
Seconda avventura (dopo Wilbur e la TV) «dello stralunato Wilbur, ragazzotto teledipendente che un giorno viene ricattato dalla nonna che lo obbliga a mettere a posto la soffitta se vuole rivedere la sua televisione. Wilbur (suo malgaro) arrivato in soffitta troverà il modo di mettersi nei guai, infatti troverà una strana candela che lo porterà a visitare strani e lugubri luoghi…» (Città di Torino Assessorato alla Gioventù, Cinema e video a Torino 1992, E.D.T., Torino, 1992).
Dichiarazioni
«Sono contento che mi invitino ai festival, ma questo non cambia molto la mia situazione. Ho la casa piena di targhe, ma soldini continuo a vederne pochi e i miei film continuo a produrmeli da solo perché, alla fin fine, nessun altro ci crede. Forse anche perché sono un po’ fuori dal solito giro di video-maker, non faccio cose intellettuali. Per me il cinema dovrebbe essere divertimento, faccio film pensando ai bambini. Anche se mi piacerebbe fare come Disney, cinema per tutti, dagli otto agli ottant’anni» (F. Moretti, “la Repubblica”, 15.2.1992).
«1990/91, Troppi guai per Wilbur (video): episodio pilota per una ipotetica futura serie televisiva. In soffitta […] Wilbur trova una candela magica. […] fa miracoli. Rende tridimensionali i quadri. È lo splendore del vero in 3 D. È l’effetto di realtà che si prende la rivincita sulle denigrazioni marxiste, materialiste, semiotiche del cinema radicale degli anni Settanta. I quadri non solo sono più reali del reale, ma diventano veri, in rilievo, e Wilbur può entrarci dentro. È un altro ingresso nel regno della fantasia e dell’immaginario. È il vero più vero del vero; sogno stesso del cinema. Effetti speciali, trucchi e modellini sono gli elementi naturali del nuovo effetto di realtà. Troppi guai per Wilbur, nella sua perfezione miniaturistica,è di un totale equilibrio incarnato. Attraverso la porta magica si accende all’iperuranio, mondo perfetto delle idee e delle realtà virtuali. Così dentro il quadro, ingresso al pianeta pittura, si muovono i generi cinematografici, il castello gotico, il Necronomicon, e altri tre prigionieri, come Wilbur, della maledizione lanciata da una strega bruciata sul rogo. Nella sua ingenuità e con l’aiuto delle sue tasche da Eta Beta o da Harpo in cui c’è di tutto, Wilbur trionfa su ogni avversità, ma non sulla sua sbadataggine. Per errore, Wilbur spegne la candela prima del tempo e rimane, insieme agli altri, prigioniero del quadro: tutti e quattro dipinti sulla tela. Wilbur è punito per aver osato il sogno impossibile d’ogni spettatore: entrare nello schermo» (C. Scarrone, “SegnoCinema” n. 66, marzo-aprile 1994).
«Troppi guai per Wilbur è un’operina assolutamente straordinaria, la cui gioiosa inventiva fa di Moretti – con tutte le cautele del caso – un potenziale Tim Burton all’italiana, erede diretto e degnissimo di una scuola fumettistica che – come appunto nel cinema di Burton – ha fatto delle cromie più vivaci e delle inquadrature espressionistiche i suoi pilastri portanti» (A. Ferrari, “Ciak”, febbraio 1992).
«[…] il protagonista – che per molti versi (aspetto fisico in primis) può essere paragonato al John Turturro di Brain Donors (gioiellino “marxiano”, conosciuto qui da noi col titolo idiota de Gli sgangheroni) – è un giovane appassionato di fantasy, che ormai ha dimenticato quali sono le regole che governano il nostro mondo. […] Nel visionare il “medio” ci sono tornati alla mente i primi cartoni animati della Walt Disney (avete presenti quelli dove Topolino è al comando di una nave a vapore?). Ebbene, pur trattandosi di un ambito differente dal cartoon, l’idea di fondo è molto simile. Inoltre, il protagonista di Troppi guai per Wilbur sembra proporsi come la versione satireggiate del piccolo, imbranato protagonista di Pagemaster – L’avventura meravigliosa, “precipitato” nelle pagine di alcuni libri illustrati, viso a viso con l’avventura, l’orrore e il fantasy. La differenza primaria risiede nella mancata maturazione intellettuale e psicologica di Wilbur dopo la singolare esperienza. Del resto, e grazie al cielo, al film è del tutto estranea qualsiasi finalità moralistico-pedagogica: al contrario, l’intromissione del fantastico nella nostra realtà quotidiana assume una connotazione squisitamente ludica» (A. Capietti, “SFX Cinema” n.5, agosto-settembre 1996).
«Quello di Moretti è un lavoro totalmente al di fuori delle abituali coordinate estetíco-produttive tipiche del nostro cinema più o meno giovane, Moretti sogna la serie B degli anni ‘50, gli EC Comics e produce i suoi film, circondandosi dì un manipolo di collaboratori devoti, totalmente incurante delle chiacchiere di quanti parlano e vanvera di cinema italiano e altre amenità. La cura con la quale il regista costruisce le inquadrature, la consapevolezza con la quale lavora la profondità di campo è la spia di un talento unico che, cormanianamente, si esalta a contatto con le ristrettezze del budget» (G.A. Nazzaro, “Cineforum” n. 348, Ottobre 1995).
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