«Uccelli di terra racconta, a modo suo, di personaggi che si dichiarano uccelli ma che noi vediamo persone e allora qualcuno va in giro a cercare i veri uccelli, “ma dove sono gli uccelli?”, e non li trova più e qualcuno si fa avanti e qualcun altro va indietro in una specie di girotondo, un continuo cercarsi. Si tratta anche del film della Ricerca. Ricera di sé e dell’altro lungo tutto il film» (T. De Bernardi, in G. Volpi, a cura, Corti d’autore 1990/92, Elede, Torino, 1993).
«Ricerca di un lnguaggio: il film oscilla tra bianco e nero e colore, tra muto e sonoro, tra silenzio e parola per sfociare nel canto che lo accompagna in sala con il pianoforte, tra 16mm e super8, tra “lento” e “mosso”, nuovo e non-nuovo, finito e non (infatti è work in progress). Ricerca della stessa forma produttiva: partito da una pubblica sottoscrizione e quindi girato in super8 colore, successivamente gonfiato, e continuato in 16mm con soldi miei, e ancora adesso in bilico tra essere e non-essere per mancanza di fondi. Ricerca di un eventuale pubblico, mentre io regista mi interrogo: ma chi sono io? Esisto davvero? E sono cinema italiano? A chi mi rivolgo? Dove vado? Dove posso proiettare? Chi cerco? Ma cerco davvero? E così via. La parte muta del film, un film muto, vuole l’accompagnamento in sala di voce cantante e pianoforte, per sottolineare la scelta mia di fare il film muto e nello stesso tempo l’eccezionalità della proiezione, che diventa “evento”, mai uguale a sé, perché la voce può cambiare di volta in volta a seconda del dove e del quando delle proiezioni, e quindi anche il film stesso di riflesso è soggetto a mutamento a seconda del suo accompagnamento musicale» (T. De Bernardi, in G. Volpi, a cura, Corti d’autore 1990/92, Elede, Torino, 1993).