Visto censura 61734 del 16.1.1973.
Assistente alla regia: Massimo Manuelli; assistenti operatori: Mario Bagnato, Michele Picciaredda, Alberto Lauriello; assistente al montaggio: Caterina Sobrini; coreografo: Tullio Rossini, organizzatore generale: Giamberto Marcolin.
Il film ha incassato 139.600.000 lire. Gli esterni sono stati girati in Sicilia e a Torino.
I fratelli Vincenzino e Annunziata, legati da un rapporto morboso, si trasferiscono dalla Sicilia a Torino. Lei va a lavorare in fabbrica; lui, protetto dal mafioso Salvatore Camarro, a riscuotere il pizzo. Testimone di un duplice omicidio, il ragazzo deve emigrare in Francia e, una volta tornato a Torino, scopre che la sorella è diventata spogliarellista in un night e che il capo la concupisce. Rubati i soldi del capo mafioso, i due fratelli tornano in Sicilia, dove la loro parabola conoscerà un tragico epilogo.
Secondo la critica, il film, esordio alla regia di Fulvio Marcolin, ha il merito di presentare alcuni passaggi indovinati e alcuni riferimenti precisi, anche di cronaca, «tragiche strizzatine d’occhio a fatti e misfatti del ghetto meridionale della grande metropoli industriale» (M. P., “Il Giorno”, 15.8.1973).
«Con l’intento della denuncia sociale e numerose scene suggerite da episodi di cronaca nera torinese, il film offre un bozzetto drammatico e verosimile del fenomeno mafioso trapiantato nelle città industriali del Nord sulla scia dell’emigrazione. Un’indagine che si arresta alla descrizione degli effetti piuttosto che approfondirne le cause economiche e culturali, ma raggiunge in alcuni momenti l’efficacia dell’inchiesta e la dignità dell’impegno civile. Le ambizioni contenutistiche hanno tradito gli autori nel finale, che intorbida il racconto con un ingiustificato rapporto incestuoso, pur con estrema pudicizia» (S. C., “La Stampa”, 10.2.1973).
Interpretato da attori apprezzabili, il film è impreziosito da belle riprese di Torino: «i suoi ricchi interni ottocenteschi, le belle vie e le piazze del centro, insieme con le sue periferie irte di tristi palazzoni» (ibidem).
Diverse le pellicole celebri a cui questo lavoro è stato accostato: da Mimì metallurgico ferito nell’onore di Lina Wertmüller a Trevico-Torino di Ettore Scola e a Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti.
«Nel 1973 l'attuale presidente del Museo Nazionale del Cinema Alessandro Casazza si era da poco trasferito a Torino dalla sua città natale Genova e iniziava sulle pagine di “La Stampa” a familiarizzare con una città che diventerà molto importante per lui. Una traccia di questa curiosità per la capitale sabauda la troviamo anche nella recensione da lui firmata di Gli amici degli amici hanno saputo, piccolo film che racconta una storia di malavita e che è ambientato a Torino. Scrive infatti Casazza che nel film vi è un contrasto “tra i ricchi interni ottocenteschi, le belle vie e piazze del centro e la periferia dove si ergono tristi palazzoni”. Per quanto riguarda il film, nonostante il titolo un po' grottesco è un lavoro da rivedere perché ha parecchi motivi di interesse. Intanto è scritto da Rodolfo Sonego, lo sceneggiatore preferito di Alberto Sordi. Poi ha tra gli interpreti due bellissime attrici francesi, Pascal Petit ed Helene Chanel, mentre l'interprete maschile è Pino Caruso, che allora godeva di una certa popolarità televisiva, affiancato da una beffissima e corvina Simonetta Stefanelli. È la storia di due operai siciliani a Torino, lei operaia lui coinvolto in fatti di mafia. La ragazza, a causa del fratello, farà una brutta fine abbandonando la fabbrica e diventando una spogliarellista concupita da un boss mafioso» (S. Della Casa, “La Stampa-TorinoSette”, 10.10.2010).