Assistente operatore: Angelo Santovito; suono in presa diretta; organizzazione: Alessandra Bortolami; mixaggio digitale: Rolfilm, Torino; mezzi tecnici: Unistudio, Torino.
«In un vecchio bar dei primi del Novecento un uomo e una donna si incontrano per lasciarsi... Il film inizia con l‘incontro dei due protagonisti e termina con il loro abbandono; è costruito su un lungo dialogo che si svolge al tavolino del bar posto davanti alla vetrata che si affaccia sulla strada. [...] I due personaggi non parlano di loro ma ognuno parla di se stesso a se stesso. Ognuno parla della propria confusione. La vita diventa un po’ la causa di tutto, ognuno vorrebbe poterla mettere in ordine, trovare un modo per farlo. [...] Sulla strada intanto continua la vita come ogni giorno, ognuno con i propri problemi più o meno nascosti, ognuno incurante di chi gli passa a fianco» (G.M. Tavarelli, in F. Ferzetti, Gianluca Maria Tavarelli: Qui non è il Paradiso, FAI, Torino, 2000).
«Il film è un tentativo di lavorare su piccole cose, non c’è quasi azione, l’azione diventano i piccoli gesti, gli sguardi, le distrazioni, le sofferenze nascoste; un tentativo di lavorare sugli oggetti: il tavolino, la tazza, il bricco del latte, testimoni segreti di mille avvenimenti; un tentativo di lavorare sul tempo che passa inesorabile su tutto, che avvicina e allontana le persone. La macchina da presa si sostituisce agli occhi e alle orecchie di un immaginario vicino di tavolo, per dare una sensazione di casualità allo spettatore. Il film termina quando ha termine il loro dialogo, senza avere di conseguenza un vero e proprio finale, per non aggiungere nulla a quello che avremmo potuto apprendere stando lì a fianco» (G.M. Tavarelli, in F. Ferzetti, Gianluca Maria Tavarelli: Qui non è il Paradiso, FAI, Torino, 2000).