Altri titoli: Black Devils of Kali, Killers of the East, Mystery of the Black Jungle, Mystery of the Jungle, Die Tempelwürger von Bangkok, Le Tigre de Malaisie
Regia Gian Paolo Callegari, Ralph Murphy
Soggetto Dal romanzo omonimo di Emilio Salgari
Sceneggiatura Gian Paolo Callegari, Piero De Bernardi
Fotografia Massimo Dallamano, Alvaro Mancori
Operatore Ugo Nudi
Musica originale Giovanni Fusco, Georges Tzipine
Suono Giovanni Canavero
Montaggio Loris Bellero
Scenografia Alemanno Lowley
Costumi Maud Strudthoff
Aiuto regia John Pasetti
Interpreti Lex Barker (Tremal Naik), Fiorella Mari (Ada Mac Pherson), Paul Muller (Soyadanah, capo dei Tughs), Enzo Fiermonte (Claridge), Franco Balducci (Kammamuri), Luigi Tosi (capitano Mac Pherson), Raf Pindi (Kennedy), Carla Calò (Sulima), Jack Rex (Aghur), Pamela Palma (Ada), Alberto Archetti, Pino Serpe, il ghepardo Lug e la tigre Sacha
Direttore di produzione stripslashes(Vieri Bigazzi)
Produzione Giorgio Venturini per Venturini Film
Distribuzione Venturini
Note Visto censura 15702 del 5.1.1954; 2192 metri. Prima proiezione in Italia: 6 gennaio 1954. Incasso: 188.960.000 lire.
Assistente alla regia: John Pasetti; coreografia: Anna Gorilovich; organizzazione generale: Giampaolo Bigazzi.
Gli interni sono stati girati negli Studi della FERT.
Durante la lavorazione il protagonista Lex Barker viene raggiunto a Torino dalla fidanzata Lana Turner e la sposa in Municipio.
Sinossi
Il cacciatore di tigri Tremal Naik incontra nella giungla Ada, una ragazza bianca rapita ancor bambina dai sanguinari Tughs e diventata sacerdotessa della dea Kalì, e se ne innamora. Decide di strapparla ai Tughs, ma per farlo deve consegnare loro il capitano Mcpherson. Tremal Naik accetta lo scambio, ignorando che il militare è il padre di Ada. Scopertolo, non esita a mettere a repentaglio la sua vita per salvarlo dalla morte a cui i Tughs lo hanno condannato.
I misteri della giungla nera forma, con La vendetta dei Thugs, dello stesso anno, e Il tesoro del Bengala, dell’anno precedente, una trilogia salgariana. Con film “di genere” come questi Giorgio Venturini confeziona prodotti che attingono al patrimonio culturale dello spettatore italiano, utilizzando alcune star del cinema americano in grado di garantirne l’esportabilità all’estero.
«Il sistema produttivo risulta un mix di tradizione artigianale italiana, arte di arrangiarsi (le giungle sono le foreste di San Rossore, vicino a Pisa) e una certa serialità, che è certo un esempio eclatante di industrializzazione del cinema italiano» (L. De Giusti, Storia del cinema italiano 1949/1953, Marsilio, Padova, 2003).
Per interpretare Tremal Naik, eroe sia de I misteri della giungla nera sia de La vendetta dei Thugs viene chiamato Lex Barker, attore americano che gode di una certa notorietà. «Barker accetta di venire in Italia per un compenso di 60.000 dollari per entrambi i film, si piazza in una villa sopra Moncalieri (la Villa del Sole) e inizia le riprese dopo essersi sincerato che dietro la macchina da presa ci sia un mestierante di fiducia come l’americano Ralph Murphy» (S. Della Casa, Miracolo a Torino, Editrice La Stampa, Torino, 2003).
«La lavorazione di Misteri della Giungla Nera e Vendetta dei Tughs procede contemporaneamente, con grandi problemi organizzativi e tecnici, «secondo i rari momenti di sobrietà di Ralph Murphy. [...] I misteri della Giungla Nera si rivela sul set e poi sullo schermo un film debolino e con 190 milioni di incasso si piazza tra i medi film di genere, quando il suo costo era di film di prima serie, certamente oltre i 100 milioni. [...] Fra gli arredi del film, una dea Kalì di cartapesta fu esposta per la prima visione torinese di Misteri della Giungla Nera al cinema Alpi. Se l’Odeon di Milano era il tempio del neorealismo, l’Alpi, con la sua duplice sala, fu per quindici anni il caldo rifugio del film di genere. Nel settecentesco palazzo di via della Consolata e Via Garibaldi, al centro del vecchio borgo sede della prima massiccia immigrazione meridionale del dopoguerra, l’Alpi teneva da sempre in funzione l’ingegnoso sistema che, attraverso un minuscolo prisma cristallino inserito nel fascio di luce, rifletteva su uno specchio le immagini e le rinviava su un secondo schermo che le ospitava un po’ sbiadite e tenui. La Dea Kalì fu dunque esposta in un portale dell’ingresso, riquadrata da un tempio indiano dipinto da Mario Roccia» (L. Ventavoli, Pochi, maledetti e subito, Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1992).
«Uno dei più azzeccati romanzi di Emilio Salgari ha ispirato questo film, in gran parte girato nei dintorni di Torino: il che torna benissimo a qualunque regista che voglia fedelmente riprodurre il clima salgariano. [...] Tutto è onestamente dimesso e casalingo, comprese le danze; ma tutto è anche in tono, meglio che in altre, più vistose, riduzioni salgariane» (L. Pestelli, “La Stampa”, 12.3.1954).
Scheda a cura di Davide Larocca
|