Regia Angelo Orlando
Soggetto Angelo Orlando
Sceneggiatura Angelo Orlando
Fotografia Fabrizio Lucci
Operatore Massimiliano Trevis
Musiche di repertorio Daniele Silvestri, Chico Buarque, Caetano Veloso
Suono Claudio Morra
Montaggio Luca Gasparini
Scenografia Simona Garotta
Costumi Alessia Condò
Trucco Nadia Ferrari
Aiuto regia Gianna Cuccurullo
Interpreti Valerio Mastrandrea (Aldo), Marco Giallini (Pino), Jacqueline Lustig (Serena), Giorgio Molino (Giovanni), Elisabetta Larosa (Giusi), Fabio Ferri (Carmine), Massimiliano Bruno (indiano), Armando De Razza (Ignazio Zucca), Andrea Moretti (pony express), Daniele Silvestri (se stesso), Daniele Lucca (giornalista), Alessandra Botticelli (giornalista), Riccardo Pellegrino (giornalista), Paolo Belletrutti, Salvatore Rizzo, Pasquale Meduri
Direttore di produzione Emanuela Carozzi
Produttore esecutivo Mino Barbera
Produzione Gianfranco Piccioli per Hera international film, in collaborazione con Medusa film
Distribuzione Medusa
Note Assistente operatore: Fabio Di Battista; aiuto operatore: Massimo Setteducati; tecnico del colore: Mario Fornaciari; fotografo di scena: Guido Salvini; suono in presa diretta; canzoni: Banalità, Le cose in comune, L’uomo col megafono, Strade di Francia, Aiutami, Voglia di gridare, L’Y10 bordeaux, Il flamenco della doccia, Frasi da dimenticare di Daniele Silvestri, Barbara di Chico Buarque e Caetano Veloso; montaggio del suono: Tiziano Crotti; microfonista: Maurizio Grassi; assistente al montaggio: Paolo Petrucci; assistente alla scenografia: Francesca Rotondo; parrucchiera: Samantha Mura; sarta: Patrizia Reale; segretaria di produzione: Simonetta Marocco; amministrazione: Gianna Diqual; produttori associati: Ponte di Barche, Unistudio e Micla Film.
Il film è stato realizzato con la collaborazione della Regione Piemonte e della Città di Torino nel teatro di posa Unistudio di Torino. Ha incassato 113 milioni di lire.
Nel 2002 Angelo Orlando ha scritto una versione teatrale di Barbara che è stata pubblicata dalle Edizioni Accademia degli Incolti ed è andata in scena nel gennaio del 2003 al teatro Ambra Jovinelli di Roma, con l’interpretazione di Valerio Mastandrea e Rolando Ravello.
Sinossi
Due amici avvocati romani, Aldo e Pino, finiscono legati al letto della ex fidanzata torinese di Aldo, Barbara, che li abbandona in quella situazione. Nella casa della ragazza si susseguono diversi strani personaggi (il portiere dello stabile, la nipote di Barbara, Carmine, un indiano, Serena, Daniele Silvestri e un noto personaggio televisivo), senza però che la loro comparsa serva a dirimere la surreale situazione.
Dichiarazioni
«Mi risulta difficile parlare di Barbara. Non la conosco. So solo che è la protagonista di questa storia. E non c'è. E mi manca. Barbara è qualcosa che manca nel momento stesso in cui sembra che stia per apparire. E invece, non appare mai. Ma chi è Barbara? Anzi che cos'è? Barbara è un'entità, una speranza? E' l'ipotesi di una forma, con un viso, con un corpo o con una semplice voce? Potrebbe essere tutto questo, ma non abbiamo molto tempo per capirlo. Siamo tutti schiavi di Barbara e pendiamo dalla sua presenza che percepiamo ad ogni istante che passa senza di lei, in compagnia solo del mondo che la circonda. In compagnia delle "sue cose": i suoi dischi, la sua casa, il suo letto… Si sa di lei che c'era prima e adesso no. Si sa di lei che è "la padrona di casa". Si sa di lei che ama la musica. Si sa di lei tutto quello che dicono di lei i coprotagonisti della storia. La storia di Barbara è breve e ha una vita che è l'arco di un film di poco meno di un'ora e mezza. Sicuramente non si racconta una vita in un'ora e mezza, ma Barbara è quello che noi tutti vorremmo essere in uno spazio di tempo così ridotto, ma pur così eterno e cioè, invisibili, presenti. Barbara è una donna. Barbara è forse, la donna. La donna con tutte le sue contraddizioni. La donna con la sua terribile e nostalgica bellezza. La donna che non c'è quando la desideri. La donna misteriosa che aleggia su tutto e che ci protegge dall'altro o semplicemente da fuori. Da chissà dove. Così terribilmente lontana, eterea, sfuggente, ma anche così vicina per chi ha il coraggio e la fortuna di riuscire ad accattivarsi il suo pensiero che arriva soltanto se si riesce a chiudere gli occhi e ad immaginarlo. Come Godot, Barbara incombe ed illumina i personaggi di questa piccola storia metropolitana, ambientata in una città che si può respirare solo all'interno di una camera da letto: una piccola stanza d'attesa per due uomini che aspettano una coincidenza con la libertà» (A. Orlando, 5.11.1998, www.stradanove.net/news/testi/cinema).
«La seconda prova registica dell'attore di teatro, cinema e cabaret prosegue la vena surreale già evidenziata nell'opera prima L'anno prossimo vado a letto alle dieci. Orlando, buon frequentatore di palcoscenici, predilige l'unità di tempo, luogo e spazio, finendo col muoversi in quaranta metri quadri di un'Italia vista dal buco della serratura di una casa bazzicata da strani personaggi, fra cui il cantautore Daniele Silvestri che si presta a una curiosa parodia di se stesso. Ambizioni alte, regia ancora acerba, interpreti affiatati, numerosi effetti collaterali: prepararsi attentamente prima dell'uso» (A. Fittante, “Film Tv”, n. 48, 29.11.1998).
La situazione che perdura per tutto il film è evidentemente una metafora: «Due persone legate alla spalliera di un letto che perde e riacquista la deputazione del piacere per divenire zattera, scoglio, deriva, carcere, segregazione, rappresentano il limite finale dell’immobilismo claustrofobico» (F. Moresco, “Film. Tutti i film della stagione”, n. 36, novembre-dicembre 1998).
«Ingabbiato entro quattro mura, fitto di conversari, vhiuso in un unico set, Barbara è concepito in stretta economia. Lo tengono in piedi (si fa per dire) Valerio Mastandrea e Marco Giallini e a variare il paesaggio intervengono Jacqueline Lustig, Giorgio Molino, Armando De Razza, Elisabelta Larosa. Di ispirazione oscura (metafisica? comica? surreale?), il film sembra destinato a finire nei palinsest televisivi, reparto programmi notturni» (M. Argentieri, "Cinemasessanta", n. 3, 1998).
«Barbara è una sorta di paradigma bechettiano, che forse un po’ presuntuosamente guarda a Godot, il paladino inesauribile dell'attesa della sospensione, icona inguaribile di quell'assurdo gioco che è la vita. E allora chiedersi chi è questa Barbara che forse arriva forse no, che aleggia e ognuno vede a modo suo, che impariamo a conoscere indirettamente attraverso le sue vittime, diventa un lecito esercizio di memoria e un brillante esercizio di stile» ("Il Tirreno", 15.11.1998).
Il film ha nei dialoghi, brillanti e godibili. Le battute ricche di ironia si susseguono ora incalzanti, ora distese, e costituiscono l’elemento che dà il ritmo alla storia, donandole una certa scorrevolezza nonostante l’immobilità dell’azione.
Molto affiatati appaiono gli interpreti: soprattutto i due protagonisti, Mastrandrea e Giallini, appaiono a loro agio nei panni dei propri personaggi, Aldo e Pino, due avvocati romani in trasferta a Torino per un’avventura erotica ritrovatisi in una situazione che li inquieta, anche a causa di una certa fama degli abitanti della città subalpina (Pino, il più spaventato dei due, dà sfogo ai suoi peggiori timori dicendo ad Aldo: “Non sai che a Torino so’ tutti satanisti?”).
Scheda a cura di Davide Larocca
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