Regia Enrico Verra
Soggetto Enrico Verra
Sceneggiatura Enrico Verra, Marco Ponti
Fotografia Gherardo Gossi
Operatore Luciano Federici
Musica originale Subsonica, Jambour, Paolone Aka’s choice
Suono Claudio Grandi
Montaggio Valentina Girodo
Scenografia Valentina Ferroni
Costumi Patrizia Mazzon
Trucco Alex Verdoliva
Aiuto regia Fabio Tagliavia
Interpreti Riccardo Lombardo, Fabrizio Monetti, Laura Curino, Elisabetta Elia, Hassan Masdrour, Farida, Jennifer, Rose Elisabeth, Gino Lana, Agostino Lupato, Andrea Zalone
Casting stripslashes(Lorella Chiapatti)
Direttore di produzione Antonio Alessi, Lia Furxhi
Produzione Roberto Buttafarro per Dune e Associati
Note Collaborazione alla sceneggiatura: Lucia Moisio; steadycam: Giovanni Gebbia; assistente operatore: Francesco Casazza; foto di scena: Michele D’Ottavio; assistente scenografa: Amanda Ghilardi; locations: Francesca Bocca; assistente alla regia: Marco Ponti; organizzatore generale: Maurizio Perrone; segretaria di edizione: Chiara Cremaschi; assistenti di produzione: Sara Beltrame, Nicolò Bruna, Carola Fraschini; produttore associato: Pietro Ceriana; partecipazione alla produzione: Unistudio, Post625.
Location: Torino, Quartiere di San Salvario.
Alla fine dei titoli di coda compare la didascalia: “Il film è ispirato al lavoro del fotografo Michele D’Ottavio”.
Cortometraggio realizzato con il contributo e la collaborazione di: Città di Torino, Regione Piemonte, AIACE.
Premio della Giuria al Corto Imola Festival 1999; Felix Oscar Europeo (EFA) come Miglior Cortometraggio 1999; Premio Cinema Cinemas all’Adriatico Film Festival.
Sinossi
Un fotografo torinese non riesce a vendere le sue fotografie. Rimasto senza lavoro, decide di trasferirsi in un quartiere economico, San Salvario; qui diventerà ben presto il fotografo dei molti immigrati che ci vivono e che vogliono mandare nei loro paesi d'origine le immagini del successo ottenuto in Italia.
Dichiarazioni
«Ogni ritratto fotografico di un immigrato racconta una storia. Le loro immagini, false in Italia, partono e arrivano in Africa. Lì sono vere. È questa la battuta del film con cui il protagonista descrive il proprio lavoro. Lo vediamo all'inizio del racconto, intento a difendere le fotografie di un cadavere che lui stesso ha realizzato. Gli uomini assassinati, da lui ritratti, sono come delle macchie in un mare di cemento. La mancanza di risorse economiche tuttavia lo conduce a trasferirsi nel quartiere di San Salvario. Qui inizialmente si sente separato dal mondo, chiuso in una comunità italiana con la quale non riesce a interagire. I suoi tentativi per entrare in contatto con gli stranieri sono anch'essi vaghi, finché egli trova una chiave di interpretazione per la realtà che lo circonda. Tuttavia questo contatto lo allontanerà dalle persone che frequentava prima, incapaci di comprendere le sue scelte. La fotografia in questo film è proposta come un medium, oltre che per rappresentare, anche per comprendere l'alterità. La comprensione degli stranieri infatti passa attraverso alle immagini, che più di ogni altro discorso sembrano narrare le vite dei migranti, e soprattutto, descrivere i loro sogni. Perciò la macchina fotografica appare come un mezzo attraverso cui è possibile superare le barriere comunicative, in quanto essa propone un linguaggio, quello delle immagini, di per sé transculturale» (E. Verra, Scheda dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, 2007).
«Il film è del giovane regista Enrico Verra, aiutato da un produttore coraggioso e da una intuizione. Per raccontare San Salvario ci vuole una storia vera. Non una storia di morte, che abita già la cronaca nera. Piuttosto una storia di routine quotidiana. Come si campa insieme fra chi non spara, non spaccia, non minaccia o aggredisce benché appartenga a una cultura lontana e sia stato fino a poco fa frastornato dalla diversità e ingombrante per chi abitava prima. Il fotografo del film fa una scoperta. Il quartiere e i suoi personaggi interessano poco "fuori". Ma i suoi nuovi abitanti le fotografie le vogliono, non realistiche in bianco e nero, ma grandi, lucide, a colori... e con qualche ritocco. Enrico Verra, il regista, ha avuto un'idea in più. Dà alle sue sequenze il colore smagliante delle fotografie magiche realizzate dal suo personaggio per esagerare la vita. Lo fa quel tanto che basta per mostrarci quanta energia, quanto contrasto, quanta tensione, quanta speranza abitano queste strade, dove un nuovo villaggio si è insediato sull'antico villaggio non senza attrito, non senza smarrimento e dolore» (F. Colombo, “La Repubblica”, in Scheda dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, 2007).
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