Altri titoli: Au delà des frontières, Across the Border
Regia Rolando Colla
Soggetto dal romanzo “La guerra in casa” di Luca Rastello
Sceneggiatura Luca Rastello, Rolando Colla
Fotografia Peter Indergand
Musica originale Bernd Schurer
Suono Marco Fiumara
Montaggio Rainer Maria Trinkler
Scenografia Andy Schrämli, Thérèse Traber
Costumi Daniela Verdenelli
Trucco : Angelo Vannella
Aiuto regia Luca Brignone
Interpreti Anna Galiena (Agnese), Senad Basic (Reuf), Giuliano Persico (Carlo), Gianluca Gobbi (Nardelli), Ajla Frljuckic (Mima), Arnaldo Ninchi (comandante), Sara Capretti (Giuliana), Bojana Sljivic (Ada), Andrea Ascolese
Casting Barbara Giordani, Daniela Gogic
Produzione Mino Barbera, Elena Pedrazzoli per Peacock Film, Micla Film, TSI (Zurich), Teleclub (Zurich)
Distribuzione Istituto Luce
Note Anno di produzione: 2002.
Suono Dolby Digital; assistenti scenografe: Barbara Sgambellone, Monica Sgambellone; parrucchiere: Angelo Vannella, organizzatore generale: Sonia Cilia.
Il film, girato a Torino, in Bosnia e in Svizzera, è stato realizzato con la collaborazione della Film Commission Torino Piemonte e con il sostegno di: Dipartimento dello Spettacolo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana e Teleclub AG.
Locations: Torino (Caffè Fiorio, Magazzino Gilgamesh).
Premi: Premio Speciale del Presidente dei Ministri della Saar al Max Ophüls Preis di Saarbrüken 2003; Prix Cinéfemme e Premio della Giura C.I.C.A.E. a Mons, 2003.
Sinossi
Nel 1993 Reuf, profugo bosniaco, si ritrova ad assistere Carlo, reduce della Seconda Guerra Mondiale, in una casa di riposo a Torino. Il clandestino, senza documenti, viene però scoperto dalle guardie che lo arrestano. Agnese, architetto figlia di Carlo (che ormai è deceduto), decide in memoria del padre di aiutare Reuf, lo fa scappare dal carcere e lo nasconde a casa sua. Tra i due nasce una simpatia e la donna, per realizzare il grande desiderio dell’uomo, si reca in Bosnia per riportargli sua figlia Ada che non vede da tempo e che si trova in un ospedale in zona di guerra.
Dichiarazioni
«Volevo raccontare una storia basata su fatti ed esperienze reali. Vi era da un lato l’esperienza del ritorno dei reduci italiani della campagna di Russia, nel 1946-47, di cui avevo appreso qualcosa dai racconti di mia madre. Sapevo che l’incontro di un bambino con il padre che tornava dalla guerra o dalla prigionia era tutt’altro che facile. Doveva essere questo il tema di Oltre il confine. Dall’altro lato, mentre stavo lavorando alla sceneggiatura, i media iniziarono ad approfondire le vicende della guerra in Bosnia. Lessi un libro di Luca Rastello, che aveva fatto arrivare in Italia dei profughi bosniaci e si era occupato della loro assistenza. L’incontro tra Rastello e questi profughi rappresentava da un certo punto di vista un parallelo con l’incontro del bambino con il padre tornato dalla guerra. Rastello aveva cercato di avvicinarsi ai profughi però, a mio avviso, si era dovuto fermare a certi limiti. Come può uno che non è stato vittima della guerra capire l’altro che invece l’ha subita? Come ci si deve comportare con persone cui la guerra ha tolto la fiducia nel genere umano? Mi misi in contatto con Rastello e lo convinsi a collaborare come co-autore a Oltre il confine» (R. Colla, www.stradanove.net).
«A Torino, tra le piazze bellissime e via Roma, tra le mura tetre di una Casa di riposo per militari reduci di guerra che da poco non esiste più, tra i rintocchi delle campane della cattedrale, è ambientato Oltre il confine di Rolando Colla, 45 anni, svizzero nato in una famiglia di emigrati italiani: un film collocato nel 1993 della guerra in Bosnia e dell’assedio di Sarajevo, che con molta efficacia accosta quella guerra alla seconda guerra mondiale, mette a confronto la condizione di persona libera con i suoi diritti e quella di profugo senza documenti, raccontando pure come possa nascere l’impulso a far parte dei 70.000 volontari italiani partiti per la ex Jugoslavia per portare aiuto alle vittime. […] Se la ruota della Storia seguita a girare, la personalità della protagonista sperimenta il cambiamento. Condotto con forza documentaria, con limpida semplicità e con emozione sentita, Oltre il confine è specialmente efficace nella narrazione della situazione del profugo: è impressionante l’espulsione dei respinti dalla Svizzera, ammanettati e imbavagliati come per un’esecuzione. E il film che auspica un mondo migliore e più umano non potrebbe farlo in modo più sobrio, serio, intenso» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 2.3.2003).
«[Rolando Colla] ha affastellato temi e episodi senza misura. La prima parte, in Italia, moltiplica con poco ordine i personaggi e le storie parallele, stentando molto a conferire una vera logica alle psicologie e anche a parecchie situazioni. La seconda parte, pur tentando anche le strade di un documento su una guerra – le macerie, i caschi blu dell’Onu, qualche città e qualche gruppo di persone ripresi dal vero – insiste anche qui con figure secondarie, con il confronto fra i ricordi del padre della protagonista tornato malato dall’altra guerra e la situazione attorno, trovando spesso a fatica un convincente filo conduttore, tanto, appunto, da dover chiedere, per concludere, l’ausilio delle didascalie. Con l’intenzione, comunque lodevole, di non far dimenticare un conflitto atroce concluso solo da poco. Però non basta, come non basta per rafforzarla, la presenza di Anna Galiena nelle vesti della protagonista. Meno incisiva del solito» (G.L. Rondi , “Il Tempo”, 5.3.2003).
«Oltre il confine è un dramma pubblico e privato girato con documentata preparazione e pulizia tecnica e morale dal regista italo svizzero Rolando Colla, che insegue un sogno-incubo a doppio binario col dopoguerra italiano e sfocia in un commovente finale, con la brava Galiena che si dedica a una bambina che ha perso la fiducia nel mondo. Recitato con passione anche dall’attore bosniaco Senad Basic, informato sui fatti, il film abbonda però di didascalie che si trasformano in retorica e sfoggio di buonismo» (M. Porro, “Corriere della Sera”, 1.3.2003).
«Il libro da cui questo film prende spunto, La guerra in casa di Luca Rastello (Einaudi), è uno dei resoconti più toccanti e precisi che siano stati fatti sulle nuove guerre. Nonostante questo, nonostante Rastello collabori alla sceneggiatura, e nonostante il film sia stato girato davvero in Bosnia e tiri fuori un tema che non è mai stato raccontato al cinema, gli esiti sono in ogni senso deludenti. Non è tanto la messinscena sciatta e punitiva a infastidire, ma semmai l’incoerenza. La storia si appoggia a mille trucchetti narrativi. […] I personaggi subiscono repentine prese di coscienza, e tutto il film è zavorrato da ralenti e flashback atroci della Galiena bambina. È interessante la prospettiva di vicinanza scelta dal soggetto, è evidente il coraggio produttivo con cui l’impresa è stata realizzata, ma il film non riesce assolutamente negli intenti nobilissimi che si prefiggeva» (E. Morreale, “Film Tv”, 9.11.2003).
«Da una parte c’è Torino, inquadrata sporadicamente nei suoi esterni e resa dalle immagini nebbiose della fotografia di Indergand che caratterizza anche gli interni. Dall’altra c’è la Bosnia dove lo sguardo di Colla adotta uno stile essenziale nel suo secco documentarismo per mostrare i segni delle macerie di un paese. […] Nel passaggio dei due spazi contrapposti Italia/Bosnia c’è comunque una disparità di densità all’interno della singola inquadratura. Se lo spazio della Bosnia possiede un’efficace intensità documentaristica, quello italiano appare quasi vuoto, inserito ancora una volta nelle pieghe di un cinema minimalista che amplifica dettagli troppo rivelatori (il telefono di Agnese che squilla con la donna che non risponde), che si sofferma sulle inquadrature della casa di riposo per anziani, che accelera improvvisamente i movimenti di un’azione fino a quel momento anche troppo statica (Agnese che aiuta Reuf a fuggire). Tra queste due parti sembra esserci una rottura, anche a livello stilistico. L’oggettività dei frammenti delle sequenze in Bosnia […] contrasta invece con gli accenni di un fastidioso virtuosismo dove gli utilizzi di flashback e ralenti […] creano parallelismi più a livello di scrittura che da un punto di vista visivo. Per certi versi Colla non si è fidato in pieno delle immagini che ha girato in guerra, forse perché non ha voluto lasciare i personaggi in secondo piano rispetto gli eventi per paura di privarli di un’evoluzione narrativa autonoma. Oltre il confine non si limita a filmare la guerra, ma si spinge anche a materializzare i segni di follia che il conflitto bellico ha causato sul padre di Agnese e su Reuf. Segni che si disperdono, che non vengono restituiti neanche nell’allucinazione di quei gesti, quei movimenti, quei flashback in cui si scorge negli occhi dei due uomini un dolore fisico prima che mentale, che però non viene restituito emotivamente» (S. Emiliani, “Cineforum” n. 424, aprile 2003).
Scheda a cura di Giusy Cutrì
|