«Su di un soggetto preistorico, la Casa Ambrosio ha intessuto un drammetto che ci presenta una serie di quadri che si vedono con piacere: quelli specialmente che ritraggono dal vero alpi e prealpi, valli, burroni, dirupi da scalare. Quel po' d'azione che anima i paesaggi, delizia il pubblico. Lo persuade molto meno, invero, l'azione più propriamente drammatica, esile e vieta. E poi la protagonista - alla quale non si può negare attraenza fisica - non è certo l'Eva ideale. [...] La bella Elena Makowska non ha saputo essere l'ammaliatrice irresistibile, piena di seduzione per la mente e per il cuore; né Tullio Carminati ha saputo darci l'impressione di essere un uomo forte, sano, onesto, ragionevole, che soccombe poco a poco contro una forza. vincitrice colla quale lotta invano perché in lui - materia e spirito - gradatamente vengono assorbite da una celestiale ed infernale attrazione. La Makowska doveva essere angelo e demone; Carminati doveva essere la vittima - inutilmente ribelle - dell' eterno femminino che finalmente trionfa di tutti i misogini. L'uno e l'altra, invece, non furono che due attori mediocri, dagli effetti volgarucci. [...] Stantìo ed ingenuo, e male inscenato, il dramma ha una discreta interpretazione nelle parti secondarie. La fotografia è ottima, con deliziosi ed impressionanti paesaggi. Eva nemica piace poco e vale meno. Lo diciamo con franchezza» (Il rondone, “La Vita Cinematografica", a. VII, 22-30.11.1916).