Visto censura n. 22.070 del 31.10.1925; 1.500 metri.
Copia conservata presso: Cineteca del Friuli (Gemona).
Una copia del film della durata di 90 minuti – restaurata dalla Cineteca del Friuli a partire da una copia nitrato acquisita da Aldo Predonzan – è stata proiettata nel 1985 alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone e nel 1986 al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna. Provenienza: Cineteca del Friuli (Gemona).
Numerosi spasimanti girano intorno alla bella Contessa de Cay ma la donna è una moglie seria e fedele, che gode della piena fiducia del marito, per niente preoccupato dai vani tentativi dei corteggiatori. Avendo incontrato una sua ex amante, il Conte viene invitato da quest’ultima a farle visita e accetta la proposta, senza secondi fini; il sopraggiungere di alcuni ospiti inattesi a casa della donna dà però origine a uno scandalo e la Contessa, informata dell’accaduto, decide di punire il marito tradendolo con uno dei propri spasimanti. Traboccanti d’ardore e passione sulla carta, al momento del dunque tutti i corteggiatori si rivelano una vera delusione così la donna, non riuscendo a portare a termine l’adulterio, decide di separarsi. Ma l’aula del tribunale ospita inaspettatamente la riconciliazione coniugale tra il Conte e la Contessa.
«I tre successivi film di Camerini alla Fert sembrano film fatti senza amore (anche senza la persona amata: Diomira Jacobini non li interpreta); oggi Camerini ne parla come scarsamente interessanti, ma rappresentano probabilmente le due varianti produttive del cinema torinese. Voglio tradire mio marito (1925) è ancora una commedia, ma più stereotipata: alla francese secondo il regista (che non ne è soggettista e non ne ricorda la trama). Alla vigilia della massiccia emigrazione di registi italiani in Francia e in Germania la Fert sembra tentare la via di un cinema europeo» (S. Grmek Germani, Mario Camerini, La Nuova Italia, Firenze, 1980).
«Da qualche anno si sta facendo strada la convinzione che non si restaurano solo i capolavori, e che la produzione di routine non richiede meno attenzione dei film d'autore. Anche per questo, nel giro di tre anni, tre film muti di Mario Camerini sono riemersi dalla pletora delle opere date per disperse. Il primo, Voglio tradire mio marito! (1925), può essere consultato presso la cineteca del Friuli; gli altri due, Maciste contro lo sceicco e Kif tebbi, fanno ora parte della collezione della Cineteca Comunale di Bologna. [...] Non è ancora il tipo di riscoperta che getta luce su un periodo controverso nella storia del cinema: Camerini è una "personalità" nel senso classico del termine, un nome che ha già un suo posto di riguardo fra coloro che godono di una reputazione autoriale per l'aver dato dignità alla produzione del ventennio fascista. Rivedere i film muti di Camerini equivale, da tale punto di vista, a riconoscere la precocità di un talento e le premesse delle sue successive realizzazioni, ma non ancora a capire cos'era la routine produttiva prima e dopo il crollo dell'U.C.I.; ciò vale soprattutto per Voglio tradire mio marito!, lieve commedia che si libera di un colpo dalle zavorre della messinscena alla Baldassarre Negroni per ambire a una coralità di respiro francese. [...] Voglio tradire mio marito! rimane il miglior esempio, nel Camerini del periodo muto, di linearità e rigore argomentativo» (P. Cherchi Usai, “Cinegrafie”, a. I, n. 2, Bologna, 1989).