«Tutti gli attori nei ruoli dei calciatori non avranno controfigure e non voglio nemmeno
usare immagini di repertorio. Cerco di portare sullo schermo l’atmosfera di quei tempi, il rapporto col pubblico, l’emozione che si provava di fronte alle azioni di gioco che non avevi, come ora, l’opportunità di rivivere decine e decine di volte. Voglio far rivedere
il calcio come lo si viveva, anche nel cuore, negli Anni Quaranta» (C. Bonivento, “Sorrisi e Canzoni Tv”, 12.6.2004).
«Ho vissuto questo fatto da piccolo. Mio padre era juventino e mi disse che dovevo rendere esempio da quei campioni. Questa storia appartiene all’Italia e oggi, di fronte a una così grave crisi del valori del calcio, può insegnare molto ai giovani. Nel dopoguerra,
la favola di una squadra imbattibile non faceva sognare soltanto i tifosi, dava emozioni e speranze a tutti. Ma questo film è anche una storia sociale: è bello credere che un ragazzo venuto dal Sud possa realizzare a Torino il suo so-gno di gloria e poi scoprire che il calcio
non è tutto, che la vita non è un gioco e bisogna diventare uomini» (M. Placido, Ibidem).
«Sono stato io a chiedere questo ruolo. Bonivento mi voleva nella parte del papà di Angelo, un ruolo certo di grande rilievo e impatto nella storia, ma io volevo mettermi le
scarpette da calciatore. Bonivento all’improvviso mi lancia un pallone e io sfodero uno stop
da manuale: la parte era mia!» (B. Fiorello, Ibidem).