Assistente operatore: Alvaro Mancorti; cantanti: Fedora Barbieri (Cenerentola), Fernanda Cadoni Azzolini (Tisbe); direttore d’orchestra: Oliviero De Fabritiis; collaborazione alla scenografia: Carlo Egidi; parrucchiera: Gabriella Borzelli; assistente alla regia: Mario Tazzoli; organizzazione generale: Mario e Ugo Trombetti.
Girato negli studi Icet di Torino, con interni del Palazzo Reale di Torino ed esterni della Palazzina di caccia di Stupinigi, del castello di Tolcinasco e del Palazzo Reale di Monza.
«Se l’opera lirica portata sullo schermo si rivelò, immediatamente, come un sicuro successo commerciale, non poche furono tuttavia le riserve che, nel campo dell’estetica e della critica, fecero gli amatori del cinema puro. Non ho mai creduto alle proprietà cinematografiche di un’opera desunta dal teatro, da quel teatro particolare che ha i suoi elementi d’arte nella musica e nel canto, non certamente nella visione e nel movimento. La staticità dell’opera teatrale si oppone decisamente alla sostanza, alla natura stessa della composizione del film e la “pellicola lirica” trova (o meglio, trovava) la sua giustificazione in quanto richiamava l’attenzione del pubblico straniero sul famoso bel canto italiano ed anche per i suoi fini divulgativi, riuscendo il cinematografo a portare un’opera, interpretata da cantanti di grido, in località periferiche, provinciali, fino al più sperduto cinema domenicale del paesello montano. […] Fu perciò che ritenni – devo confessarlo lealmente – mentre mi recavo ad una visione di controllo del film Cenerentola […], di andare ad assistere alla proiezione di una delle solite pellicole in cui si canta sempre “partiam partiam” e si sta fermi per mezz’ora aspettando quasi che sia lo spettatore a partire. […] Dopo aver visto questo film son rimasto perplesso. Si può rendere perfettamente a cinematografo – e, quel che più conta, in stile cinematografico – anche l’opera lirica. Questo m’ha insegnato Cenerentola. […] Voglio dire subito, infatti, che mi sembra non solo perfettamente riuscito, ma meravigliosamente amalgamato con la musica, col canto, con libretto dell’opera. Cenerentola non è un’opera cinematografica, per dirla in linguaggio comune. È un film, un buon film italiano, che si avvale del commento musicale del signor Gioacchino Rossini, primo regista del lavoro. Alla musica, bisogna dare il primo posto, per aver essa improntato l’azione ad una vivacità di concezione, di movimento, di recitazione. E non sembri esagerato se dico che, mentre altrove l’esigenza dello spartito frena e ferma l’azione della macchina da presa, in Cenerentola la musica imprime all’azione un ritmo a volte perfino convulso, agitato, fremente. Bisogna perciò riconoscere a Cerchio di aver saputo inquadrare l’azione scenica in quella musicale e di aver usato la macchina da presa non in senso di macchina fotografica – come troppe volte si era fatto in questo genere – ma per girare un vero e proprio film, secondo le giuste regole della tecnica cinematografica. Non è poco, credetemi! Non è poco quando si pensa che un’azione legata ad una, al massimo a tre scene, abbraccia in tutto il film il più vario campo ed i più svariati ambienti; sa mettere nella giusta evidenza qualità e prerogative di ogni personaggio; sfrutta mezzi ed effetti speciali della fotografia e del trucco cinematografico; colorisce con giusto tono i passaggi più importanti. […] Voglio perciò richiamare la sua attenzione non soltanto alla ricchezza dei costumi, sulla magnificenza degli ambienti (il Palazzo reale di Torino è stato sfruttato da Cerchio in maniera… regale) ma anche sul fasto di tutto l’insieme (degna di speciale nota la sequenza del pranzo a Corte e la descrizione della tavola imbandita) ed infine sulla interpretazione» (L. De Mitri, “Cartella Stampa” della Produzione).
«[…] dobbiamo riconoscere che questa Cenerentola, anche se non riesce a raggiungere un suo valore cinematografico autonomo, rappresenta tuttavia un esperimento interessante, che indica al film musicale una strada nuova e ricca di possibilità. La partitura musicale dell’incantevole opera rossiniana non è qui soltanto un pretesto, ma, seguita e rispettata con scrupolo amoroso […] costituisce la vera sostanza dell’opera; mentre l’azione, non limitata alla scena teatrale, né ai primi piani dei cantanti, costituisce per la musica un’efficace illustrazione e accompagnamento visivo; anche se il giovane regista Cerchio – un torinese a cui già dobbiamo alcuni buoni documentari […] che è ora al suo esordio come regista di film a soggetto – non ha saputo sempre raggiungere la sufficiente spigliatezza e convinzione» (p.g., “l’Unità”, 12.3.1949).
«Dei film che portano sullo schermo opere liriche, questo è uno dei più decorosi ed accurati, ma certamente non dei più animati e ciò non tanto per colpa della realizzazione, quanto per le caratteristiche stesse dell\'opera, il cui tono fiabesco non è tra i più adatti ad una trasposizione sullo schermo» (A. Albertazzi, "Intermezzo" nn. 8/9, 15.5.1949).
«Cenerentola è un film perché tutte le riserve sino ad oggi avanzate nei riguardi della trasposizione di un’opera lirica sullo schermo sono state produttivamente superate […] I personaggi si sono staccati dal vecchio convenzionalismo del palcoscenico lirico per muoversi, apparire e scomparire a seconda delle esigenze della narrazione, soprattutto sono diventati nel film Cenerentola delle creature che amano, che beffeggiano, che vivono nell’orgoglio e nell’umiltà, che sognano. Attorno ad esse non c’è il vuoto ma ci sono i personaggi secondari, quelli di fianco, i gruppi, le masse, le carrozze, i cavalli. Tutto questo mondo si muove nei più indicati ambienti interni ed esterni, che produttore esperto possa immaginare ed esigere. […] Tutto un mondo fiabesco si svolge senza angolosità, senza dissonanze col mondo reale dei fatti umani creando un assieme di particolare bellezza e di armonia» (A. Besozzi, citato in Patto col diavolo. Il cinema italiano del 1949, Archivio Nazionale Cinematogrfico della Resistenza, Torino, 1996).