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Persone |
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Enzo D'Alò
Napoli, 1953
Regista, sceneggiatore, musicista
Da sempre appassionato di musica (suona infatti il sassofono ed il flauto traverso) decide, molto giovane, di dedicarsi al cinema. Nel 1979 si trasferisce a Torino ed entra a far parte del laboratorio cinematografico La Lanterna Magica, con cui prende parte a diversi progetti di sperimentazione audiovisuale. A partire dal 1983 realizza diversi cortometraggi e film d’animazione didattici che gli consentono di vincere numerosi premi nei festival di tutto il mondo. Si specializza nell'animazione e firma numerose sigle televisive. Negli anni Novanta realizza fortunate serie televisive come Omino blu e Le nuove avventure della Pimpa. Nel cinema esordisce alla regia nel 1996, con La freccia azzurra, film d’animazione vincitore di due Nastri d'Argento, un David di Donatello per le musiche (composte da Paolo Conte) e di un Oscar Home Video. Distaccatosi dalle formule stereotipate dell'animazione disneyana e dallo stile futuribile di quella giapponese, due anni dopo firma un altro grande successo (vanta nelle sale italiane oltre un milione e mezzo di spettatori e circa venti miliardi di lire d'incasso), La gabbianella e il gatto, vincitore di un Nastro d'Argento e del Premio del Pubblico al Festival di Montreal del 1999. Uscito dalla casa di produzione La Lanterna Magica, per il Natale del 2001 D'Alò esce nelle sale con il suo terzo lungometraggio, Momo alla conquista del tempo, tratto dall'omonimo racconto di Michael Ende; nel 2003 è la volta di Opopomoz, curiosa rivisitazione fiabesca della tradizione del presepe nella cultura partenopea. Fra le sue produzioni per la televisione sono ancora da ricordare Kamillo Kromo (1993) e il video musicale 900. Nel 2006 è attore, nella parte di se stesso, in Mattotti, film documentario di Renato Chiocca sulla vita e la carriera dell’illustratore Lorenzo Mattotti.
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Non è facile definire il rapporto tra un film e il mio lavoro a Torino. Il cinema d’animazione non ha bisogno di set ed esterni, quindi il rapporto con una città è sempre relativo, più umorale che reale e tecnico; inoltre il lavoro viene frammentato, per la mancanza di grandi strutture in Italia e in Europa, e la realizzazione di un film prevede continui spostamenti da una parte all’altra del globo. Lo studio di riferimento a Torino in realtà era una piccola struttura che faceva da raccordo tra la Spagna, il Belgio, la Svizzera, la Cecoslovacchia e poi Milano, Firenze, Roma, senza contare altri animatori free-lance sparsi ovunque, parte della lavorazione fu realizzata anche in Francia, a Parigi. È difficile dunque affermare che La freccia azzurra sia un film torinese, visto che la città era solo il punto di riferimento per l’organizzazione, il posto in cui tutti i materiali passavano per essere visionati e rispediti da un’altra parte. In realtà se, come nelle fiabe, passasse un mago e spostasse il palazzo con dentro tutti noi che ci lavoriamo alle pendici dell’Himalaya, probabilmente ce ne accorgeremmo solo dopo molto tempo…
(in Torino città del cinema, a cura di D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, Editrice Il Castoro, Milano, 2001)
Io avevo la passione per la musica, suonavo il sax e pensavo a fare il musicista. Quando mi hanno chiamato per fare l’obiettore di coscienza a Torino, ho iniziato a lavorare con i bambini ed è nato tutto per gioco. Loro disegnavano e riprendevo i loro disegni con la cinepresa e li montavo con la mia musica. Così ho incontrato questo universo.
(www3.varesenews.it/cinema/articolo).
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