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Caterina Boratto
Torino, 15 marzo 1915 - Roma, 14 settembre 2010
Attrice
Proveniente da studi musicali (canto e pianoforte), diviene dal giorno alla notte una star del cinema con il film Vivere (1936), diretto da Guido Brignone il quale cercava un volto nuovo da affiancare al tenore Tito Schipa. Il film, canoro e sentimentale è subito un successo nazionale ed internazionale, attraverso la distribuzione M.G.M.. Da protagonista, la Boratto interpreta altri film di Brignone tra cui Marcella (1937) e Chi è più felice di me (1938) che le permette di mettere in risalto anche le sue capacità canore.
Nel 1939 va a Hollywood, scritturata da L.B. Mayer che la battezza the dutchess, la duchessa, perché ha un portamento aristocratico con una fisionomia nobile. È alta, slanciata, con una carnagione bianco-porcellana, occhi color menta-allungata e lineamenti più anglosassoni che latini. Con l’entrata in guerra prima dell’Italia e poi degli Stati Uniti e dopo tre anni di lavoro preparatorio negli studios per il debutto, la Boratto rifiuta di cambiare nazionalità e ritorna a Torino per essere vicina ai tre fratelli in età di leva e alla madre vedova. Riprende a dare concerti come soprano e a fare cinema: interpreta Il romanzo di un giovane povero (1942) ancora di Brignone, Dente per dente di Marco Elter, e Campo de’ Fiori (1943) di M. Bonnard, dove conosce il giovane sceneggiatore Federico Fellini.
Sposa a Torino nel 1944 Armando Ceratto, proprietario della clinica Sanatrix e staffetta nella Resistenza piemontese. Tranne un’apparizione in Il tradimento (1951) di R. Freda, Caterina Boratto lascia il lavoro d’attrice per dedicarsi alla famiglia e ai due figlI. Chi riesce a convincerla a riprendere a lavorare è Fellini, Prima con 8 ½ (1963), poi con Giulietta degli spiriti (1965) e Bloc-notes di un regista (1969).
Lavora quindi con registi come Blasetti, Sordi, Risi, Wertmüller, Bava, Franciosa, Pollack, De Crescenzo, Scattini, E. Visconti, Bazzoni, Castellari, Scola, Pasolini, Greco, Squitieri, Loy, Brusati, B. Corbucci.
In televisione si ricordano i suoi ruoli in Bel Ami (1979) di Sandro Bolchi e nella serie Villa Arzilla (1990) di Gigi Proietti, girata negli studi RAI di Torino.
In teatro, l’operetta La principessa della czarda per la regia di P. Crivelli e una trilogia pirandelliana con la regia di Patroni Griffi.
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«Non ho ricordi molto importanti dei miei anni di scuola a Torino. Ricordo soltanto che la mia scuola si chiamava Boncompagni ed era abbastanza vicina alla nostra casa, allora affacciata all’inizio di Corso Francia. [n.d.r. Si tratta della scuola elementare Carlo Boncompagni, in via Galvani 7, nel quartiere San Donato]. [...] Quando mi si chiede cosa rammento di Torino, mi vengono in mente sopratutto i terribili anni della guerra. Mio marito era il proprietario della clinica Sanatrix, ai piedi della collina. Un padiglione era stato affidato all’Ordine di Malta con lo scopo di ricoverare nello stesso modo partigiani, tedeschi, seguaci della Repubblica di Salò. Noi si cercava di fare tutto il possibile, di aiutare gli ammalati con spirito umanitario, spesso affrontando il pericolo in prima persona… Quegli anni della guerra mi sono rimasti impressi come qualcosa di indelebile. [...] Non vorrei però dare un idea sbagliata del mio rapporto con la città. La amo molto, la trovo bellissima. Tra l’altro è la città dove sono nati i miei figli. [...] Quando torno a Torino, mi piace rituffarmi nei viali e aspirare il profumo dei tigli che sopravvive rigoglioso nonostante il veleno del traffico. È un profumo caratteristico della nostra città che non ho mai ritrovato, così intenso, in nessuna altra parte del mondo. [...] Mi piace anche la zona dell’oltre Po, pizzicato com’é tra il fiume e la collina. Mi piace camminare a piedi, lentamente. [...] Sono belli i caffè, sono stupende le pasticcerie. Mi sembra ancora di sentire il profumo che si sprigiona dal laboratorio di Peyrano. Era a poca distanza da casa mia, sul corso Moncalieri. Quando passavo di lì davanti mi inebriava… anni dopo, lontano, a New York una mia amica polacca mi disse, ti faccio assaggiare un cioccolato sublime, senza pari. Quando scoprii che era quello di Peyrano scoppiai a ridere» (C. Boratto, “Torino Magazine” n. 12, Estate 1990).
Collegamenti Film | titolo | regia | data | note | Dente per dente | Marco Elter | 1943 | Italia, 35mm, 83', B/N |
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