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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Persone



Enrico Paulucci

Genova, 13 ottobre1901/Torino, 22 agosto1999
Pittore, scenografo e costumista
Enrico Paulucci delle Roncole si trasferisce da Genova a Torino insieme alla famiglia quando è ancora adolescente. Qui, dopo gli studi classici, si laurea in Scienze economiche e in Legge. Durante gli anni del Liceo mostra già la sua inclinazione per la pittura e mentre segue i corsi universitari comincia ad esporre nelle mostre locali, partecipando anche per brevi periodi al movimento futurista torinese. Alla fine degli anni Venti inizia a frequentare i pittori più noti dell'area torinese. È infatti in questo periodo che stringe amicizia con Felice Casorati, Lionello Venturi ed Edoardo Persico. Nel 1928 si reca a Parigi dove approfondisce la conoscenza della pittura francese, interessandosi all'opera di Picasso, Matisse, Dufy e Braque. Nel 1929 torna a Torino, dove si unisce a Gigi Chessa, Carlo Levi, Nicola Galante, Francesco Menzio e Jessie Boswell, costituendo il famoso Gruppo dei Sei di Torino (che si scioglierà poi nel 1931). Dopo aver partecipato a diverse esposizioni insieme al gruppo, Paulucci fonda insieme a Casorati lo Studio Casorati-Paulucci che promuove – a fianco di Giulio Carlo Argan - un’intensa attività di promozione culturale. In questi anni arrivano anche le esperienze con il teatro e il cinema: nel 1931 firma insieme con Carlo Levi alle scenografie di Patatrac di Gennaro Righelli; nel 1937 è scenografo in Contessa di Parma di Alessandro Blasetti, collabora poi con Giorgio Strehler in alcune rappresentazioni teatrali e liriche alla Fenice di Venezia e in altri prestigiosi teatri italiani. Dal 1939 insegna all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino di cui diventa Direttore nel 1955 e Presidente nel 1973; viene poi nominato membro dell'Accademia di San Luca a Roma, e in seguito membro dell'Accademia Clementina di Bologna e dell'Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze. Nel 1993, a Torino, riceve il Premio Pannunzio, nel 1995 quello intitolato a Cesare Pavese.





Andammo a Roma con Carlo Levi chiamati da Artom, agente di cambio torinese, che sedeva in consiglio di amministrazione alla Cines. Volevano dei giovani per rinfrescare un po’ l’ambiente, un ambiente un po’ retrivo, ammuffito… per la produzione del film Patatrac. Abbiamo dovuto lottare per far passare le seggiole di Thonet, venute da Vienna, disegnate da Le Corbusier, di metallo girato… Io avevo una certa pratica di arredamenti, tra l’altro avevo concorso (e vinto) per una “macchina radio” alla Triennale di Milano. Disegnavo tappeti… Righelli era bravissimo, ma legato ad un certo gusto: verso di noi era sospettoso, ma alla fine abbiamo fatto passare tutto. Bisognava puntare sul moderno, e far capire quale era il cattivo gusto: dunque disegnammo un ambiente rigorosamente moderno e di contro tutta una serie di ambienti piccolo borghesi per i quali ammassammo un bel po’ di cose di pessimo gusto, fra le quali i quadri di certi pittori...! In ogni caso era Gastone Medin che faceva i telefoni bianchi. Noi le pareti lisce e loro volevano riempire! Ci diede anche una mano Soldati che fu strepitoso: era appena arrivato dall’America con la moglie americana e in due minuti risolveva tutto; conosceva tutti, era amico di tutti. Ritrovai Soldati aiuto regista di Blasetti per Contessa di Parma girato nel ’37 a Torino. Torino era in quegli anni replica watches una città laboratorio ed anche un cantiere frenetico. La città della radio e della moda, privilegiava al centro del film una casa di mode con le indossatrici e i costumi creati dalla Casa della Mery Mattè. Era anche la città della Juventus ed infatti Antonio Centa personificava un calciatore (forse ispirato da Felice Borel detto Farfallino). Erano gli anni della ristrutturazione di via Roma e via Viotti, ed il fondino dei titoli di testa è probabilmente un bozzetto per la Torre Littoria. Abbiamo girato questo film nella vecchia FERT dove i magazzini erano pieni di tesori, di cose false: c’era di tutto e noi andavamo giù a pescare. Quei magazzini erano pieni di cose. E poi c’era Arfino, monsù Arfino che aveva lavorato con Maciste e si ricordava quei tempi. Su qualche parete ho però messo dei miei guazzi. Melnati col pizzetto dannunziano era insopportabile, ma doveva essere cosi’, perché maniaco della Francia. Di Maria Denis invece ho ancora la bicicletta. Mi ricordo il seno di Maria Denis perché ero entrato in camerino mentre si cambiava. Era giovane, bella. La bicicletta con i cerchioni di legno è a Rapallo. Ho chiamato ad aiutarmi i due fratelli Brosio, Valentino e Gino. Val era amico dell’antiquario Accorsi cui si rivolse per le tappezzerie e i tappeti. Dopo il film Accorsi ha dichiarato che non avrebbe mai più avuto contatto con il cinematografo. Costruimmo anche un palcoscenico girevole per la sfilata finale a Sestrière. Quando cercammo Soldati lo trovammo sotto il palco insieme ai macchinisti con dei grandi fiaschi di vino… Soldati era davvero straordinario ma anche coloro che lavoravano alla FERT erano favolosi. Nel cinema ho ancora lavorato per Il torrente di Marco Elter. Girammo a Cogne ed io procurai tanti oggetti rustici da farne un museo. Ma la produzione falli’ e il film non è mai uscito.

(“Immagine. Note di Storia del Cinema”, Nuova Serie, n. 19, Inverno 1991-92).


Scheda a cura di
Caterina Taricano




Film
titoloregiadatanote
Contessa di ParmaAlessandro Blasetti1937Italia, 35mm, 86', B/N




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