A diciannove anni, iscritto da poco all'università, andavo a caccia di supplenze nelle scuole medie della provincia di Catanzaro. Insegnai lettere per qualche settimana in un paesino sulla costa jonica, Sant'Andrea, e il primo giorno, più imbranato dei miei alunni, diedi subito un compito in classe, un tema: la città che vorresti visitare. Mi ricordo che tutti dissero Roma, per via del Vaticano, del Colosseo, dei monumenti. Uno solo scrisse più o meno: non lo so qual é la città più bella e non me ne importa niente. Io voglio andare a Torino perché là c’è mio fratello che lavora...
Non so se questo episodio lontano sia stato determinante nella scelta della città di Così ridevano, ma voglio pensare di sì. Del resto non avevo scelta: o Torino o Milano. E Milano era la città di Rocco e i suoi fratelli. A Milano avevo girato Colpire al cuore...
Perciò Torino. Una città dalla quale mi ero tenuto lontano per molto tempo, per vicende personali che me l'avevano resa ostile, drammatica. Il primo giorno che vi sono tornato ho dovuto ricucire il malessere che mi provocava, farmi forza per non tornare indietro. Ma questo, mi sono detto, era il sentimento che provavano i personaggi della mia Sicilia; vivere a Torino doveva essere anche per loro una pena, un dolore. Quindi era giusto soffrire insieme.
Poi il film è cominciato, e quella di un film è sempre una vita a parte, in una città a parte, che ti protegge da ogni altra intrusione. Però Torino accoglieva la mia storia naturalmente, i personaggi di fantasia si inserivano senza sforzo nella sua realtà attuale, nonostante fosse un film d'epoca, nonostante tornassi indietro di quarant'anni… Mi si svelava così, un giorno dopo l’altro, il segreto di questa città, che non è solo in superficie “fotogenica” (come ormai dicono in tanti), ma è disponibile a mostrare la sua anima in varie forme. E di anime ne ha tante, molte ancora da scoprire.
Il centro storico di Torino sembra intatto. A differenza di altre città - dove gli emigranti venivano spinti verso le periferie, in baracche e borgate - a Torino la gente deI Sud dovette rifugiarsi nelle soffitte (che erano la parte più fredda dei palazzi, più umide di un "basso" di Napoli o di un "catoio" palermitano). Alcune di queste soffitte sono rimaste come mezzo secolo fa, disabitate da decenni, abbandonate, vuote. Una manna per chi deve fare un film. […] Anche a Roma il centro storico è cambiato poco negli ultimi decenni. Ma per tante ragioni è difficile anche girarvi un film ambientato ai giorni nostri, non so perché. A Torino mi ha stupito la tempestività e la qualità delle collaborazioni sulle quali si può contare. Da parte delle amministrazioni locali soprattutto, che evidentemente hanno per il cinema un’attenzione particolare, non dimenticano che la città è stata, per quanto riguarda l'Italia, la prima capitale della settima arte. […] Penso che Torino sia una città che non solo accoglie il nostro lavoro, ma lo ama.
(in Davide Bracco, Stefano Della Casa, Paolo Manera, Franco Prono, a cura di, Torino città del cinema, Il Castoro, Milano, 2001)