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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Le gote in fiamme
Italia, 1967, 16mm, 3', Colore


Regia
Ugo Nespolo

Fotografia
Ugo Nespolo

Montaggio
Ugo Nespolo

Interpreti
Daniela Chiaperotti



Note
Nei titoli di testa è citato lo Studio 46 di Piergiorgio Firinu, in via Maria Vittoria 46, a Torino



Sinossi
Una donna si spoglia e poi si riveste.



Dichiarazioni

«Les joues en feu, gote in fiamme, si tratta in fondo di guance, di cose che mutan di colore, si tratta di cose che mutano e basta. Il corpo è il supporto statico del gioco (ironico) e sempre mutevole; un Radiguet un poco cresciuto (ma non molto) nel “giorno di raccolta di piume di struzzo, mazzi di onde ricciute, ventaglio di Venere”. Le mutazioni non han sosta, già l’uso alternato del movimento (ritmicamente accellerato) e quello parallelo del colore ottenuto invece con continue inversioni di marcia in macchina e nuove sovraimpressioni, conferiscono al film quel suo carattere di “poetico sfumato”. E gli abiti sono più di cento, vanno e vengono in un carosello continuo di atteggiamenti» (U. Nespolo, in V. Fagone, a cura, La fugace vita dei fotogrammi, Mastrogiacomo Editore, Padova, 1978).

«In quel film feci il primo tntativo di quello che io chiamo poesia-magica; ne è venuto un ghiotto cotillon per occhi raffinati, fatto di colori non reali e movimento fortemente distorto. La storia poi non è altro che il misterioso apparire di una fanciulla tra il verde di un bosco; essa avanza roteando un bianco ombrellino e poi inizia a mutare senza sosta il suo abbigliamento, concedendo alla vista poco più che uno sfrenato carosello di colori e di movimenti» (U. Nespolo, Come arrivare al Supermaschio, in Nespolo Cinema Time After Time, Museo Nazionale del Cinema, Torino - Il Castoro, Milano, 2008).






L’ossessiva iterazione con cui Daniela Chiaperotti si sveste e si riveste è «una ripetizione grottesca che perde ogni rapporto con il senso. È ancora una volta un atto new dada» (P. Bertetto, in Nespolo, Art’è, Villanova di Castenaso, 2003). Il corpo della donna, scomposto a velocità sempre crescente, ricorda Il nudo che discende le scale (il quadro di Marcel Duchamp, ma ancor più la versione cinematografica di Hans Richter, Vormittagspuk), la scultura di Umberto Boccioni Forme uniche della continuità nello spazio e il metronomo di Man Ray, il cui movimento non possiede né un inizio né una fine.

«Il corpo è una macchina che ha messo in moto, a poco a poco, tutti i suoi ingranaggi. Passando da una scena all’altra, il movimento diventa sempre più rapido. Davanti ai nostri occhi sfila un’infinità di corpi che si dissolvono e si ricompongono come se si trattasse di un collage umano. Il corpo si riduce continuamente a pezzi, si rompe, e alla fine riappare sempre intatto. […] È logico che un film di Nespolo esalti questa situazione e ritroveremo questa caratteristica in numerose altre sue opere cinematografiche. Qui, il movimento riproduce un rimo artificiale che viene ogni volta reinventato. In un certo senso, l’immagine si dilata, scompare e si ricompone come una marionetta folle, si trasforma in fuoco d’artificio» (Janus, Ibidem). 

«La stessa attrice di Grazie mamma Kodak, Daniela Chiaperotti, si sveste e riveste ossessivamente, iterando i medesimi gesti, il medesimo rituale in una ripetizione grottesca che perde ogni rapporto con il senso. È ancora una volta un atto new dada, in cui il gratuito è elevato a cifra di una riflessione indiretta sui confini dell'artistico e ove riconoscibilità e valori estetici paiono perdersi» (P. Bertetto, La tradizione del nuovo nel cinema di Ugo Nespolo, in Nespolo Cinema Time After Time, Museo Nazionale del Cinema, Torino - Il Castoro, Milano, 2008).



Scheda a cura di
Davide Larocca

Persone / Istituzioni
Ugo Nespolo
Daniela Chiaperotti


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