«Il disprezzo ripetutamente espresso da Mario Soldati nei confronti del film come arte ha purtroppo la sua migliore documentazione nell’attività che il regista, peraltro già autore di opere significative, svolge da qualche tempo. In È l’amor che mi rovina il garbato scrittore è, come regista, assolutamente inesistente e, se può, ma non su un piano estetico, giustificare snobisticamente la sua posizione anticinematografica, non si capisce perché egli si ostini a dirigere dei film […]. L’unico motivo di interesse che questo filmetto comico presenta è la figura di Walter Chiari, commesso di negozio romantico e sognatore. Nella scena in cui, con lo spolverino in mano, si sogna principe azzurro alla conquista di Lucia Bosè, c’è tanta di quella spontaneità necessaria a ritenete che le possibilità di questo attore dalla maschera singolare, superano limiti del teatro di rivista e del filmetto comico nei quali si è fino ad ora mantenuto» (G. Raiti, “Hollywood”, n. 234, 1.12.1951).
«Sceneggiato con una certa cura e basato su un meccanismo di trovate comiche che funziona come rarissimamente è dato da vedere nei film cosiddetti “comici” della nostra produzione, questa nuova produzione può essere considerata un passo avanti nel suo genere e un invito a lavorare con maggior impegno e serietà in un campo di produzione che è piuttosto avaro di soddisfazione per il nostro cinema. Chiari, attore molto intelligente, e stato sfruttato con molta misura e diligenza dando effetti comici originali. Bene gli altri interpreti» (f.g., “Intermezzo”, nn. 20-21, 1951).