Nulla Osta n. 411 del 14.2.1946; 1.920 metri.
Direttore d’orchestra: Luigi Ricci, Armando Fragna, Ugo Giacomozzi; assistente alla regia: Sandro Giusti; altri interpreti: Edda Soligo (segretaria istituto di bellezza), Luigi Erminio D’Olivo (accompagnatore della signora Tromba), Anna Arena (Anna), Gino Bianchi (cav. Marchi), Alfredo Martinelli (un testimone), Bacot (il cameriere custode del castello); doppiatori: Clelia Bernacchi (Maria Dominiani), Rosetta Calavetta (Jone Salinas), Augusto Marcacci (Giuseppe Lugo), Lidia Simoneschi (Silvana Jachino); prima proiezione pubblica: 27.9.1943.
«Belle voci a parte, le pellicole nelle quali il cantante assurge a protagonista sono spesso pellicole mediocri e disuguali. Vicende povere e sommarie ogni poco offrono pretesto a solfeggi e cantatine, in attesa di brani celebri ai quali spetta il compito di assolvere da qualsiasi malefatta attori, sogettisti e registi. Il canto, tuttavia, spesso rifiuta il dialogo, o viceversa» (r.r., "Corriere della Sera", 9.12.1943).
«Bisogna ammettere che i cantanti, come interpreti di film, siano estremamente noiosi, visto che ogni regista ha la preoccupazione di circondarli di macchiette d'ogni tipo. Anche il regista Guarini non ha apportato mutamenti alla formula consueta, neutralizzando la deleteria recitazione di Giuseppe Lugo con i divertenti personaggi creati da Umberto Melnati, Carlo Campanini e Guglelmo Barnabò. [...] La regia [...] è svelta, qua e là ingegnosa, piacevole sempre; se si tien conto del fatto che è stato girato a Torino, all'epoca dei bombardamenti; che per tre volte, inseguito dalle bombe, ha dovuto cambiare stabilimento, e che ha potuto essere finito soltanto a Cinecittà, il lavoro di Guarini acquisterà un valore ancora maggiore» ("Film", 16.10.1943).
Si può essere matematicamente certi che, quando un celebre cantante diventa protagonista di un film, tutto sarà sacrificato all’ugola del divo. Anche stavolta è accaduto qualcosa del genere: e buon per noi che c’era di mezzo Giuseppe Lugo, il quale ci ha deliziato con una serrata successione di pezzi d’opera e di canzonette (di Bixio). In questi casi, naturalmente, quello che ci rimette è il racconto. [...] ma il pubblico si è divertito lo stesso, apprezzando oltre agli acuti del tenore, la gustosa stupideria di Melnati truccato da duca maniaco, le irresistibili buffonerie di Campanini, le graziette di Silvana Jachino e... abbiamo visto correre dei veri treni (che malinconia!)» (Vice, “Il Resto del Carlino”, 12.4.1945).
«Senza una donna è un film cosiddetto commerciale. Diciamo che è di pessimo gusto, per dire che è molto pacchiano. [...] Vorrebbe essere il solito film del cantante, ma il soggetto di Campanile (guastato da una interpretazione troppo carica e da una sceneggiatura molto banale) poteva avere una certa originalità e divertire, Il guaio si è che Lugo canta, canta e canta, senza chetarsi mai e non ha certo il tipo dell'uomo che può innamorare una ragazza fresca e bionda, per quanto sciapa, come è Silvana Jachino» (Vice, "Film" edizione veneziana, 31.3.1945).