Regia Guido Chiesa
Soggetto Guido Chiesa
Sceneggiatura Guido Chiesa, Antonio Leotti
Fotografia Gherardo Gossi
Musica originale Giuseppe Napoli
Suono Mario Iaquone
Montaggio Claudio Cormio
Scenografia Vera Castrovilli
Costumi Rita Cecconi
Aiuto regia Giorgio Calcinari
Interpreti Alberto Gimignani (Cesare Verra), Felice Andreasi (Sebastiano e Antonio Martello), Roberta Lena (Pina), Luigi Diberti (comandante Bill), Valeria Cavalli (Simona), Bruno Gambarotta (segretario comunale), Ivano Marescotti (Schiller), Cesare Peracchio (don Nino), Barbara Valmorin (locandiera), Renzo Lori (Cavagnero), Giorgio Bocassi (Finotti), Giovanni Moretti (avvocato Bosco), Vittorio Catti (Filippo), Eugenio Chiocchi (brigadiere), Vittoria Lottero (Rita), Maurizio Babuin (impiegato), Enrico Verra (operaio)
Casting stripslashes(Maurizio Babuin)
Direttore di produzione stripslashes(Giovanni Saulini)
Ispettore di produzione stripslashes(Enrico Verra)
Produttore esecutivo Marco Isoli
Produzione Agnese Fontana e Paola Ermini per Brooklyn Films in collaborazione con Fomar Film e Surf Film, con il contributo del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, in collaborazione con RaiDue.
Distribuzione Mikado
Note Suono in presa diretta; consulenza pre-produzione: Lidia Broccolino.
Locations: Provincia di Cuneo, Roma (Cinecittà).
Chiesa ha vinto la Grolla d’Oro quale miglior regista esordiente nel 1991.
Sinossi
Cesare Verra, funzionario di un’agenzia di assicurazioni torinese, deve versare oltre 300 milioni di lire all’ex partigiano Antonio Martello, come indennizzo per la morte della moglie, Fulvia Gariglio, avvenuta circa quarant’anni prima in un incidente causato dall’imperizia di una ditta edile. Ma da quell’epoca Martello è scomparso e nel paese delle Langhe dove abitava nessuno sa – o vuole - dare informazioni a Verra. Questi prosegue comunque le sue ricerche; grazie alla sua tenacia e all’aiuto di Pina, nipote di Martello, alla fine lo rintraccia in montagna, dove vive in solitudine.
Dichiarazioni
«In Il caso Martello non è la “ricostruzione” della Resistenza al centro della storia, ma l'Italia del presente, l'Italia che vedevo da lontano e in cui tornavo sempre più spesso. Era l'Italia di Craxi, degli yuppies, delle televisioni di Berlusconi, un paese che era diventato la quinta potenza industriale del mondo e faceva sfoggio di ricchezza e benessere, ma che stava dimenticando il proprio passato»
(G. Chiesa, in D. De Gaetano, a cura, Tra emozione e ragione. Il cinema di Guido Chiesa, Lindau, Torino, 2000).
«Con Guido discutiamo moltissimo in fase di preproduzione. […] Per i film di finzione, è la produzione che orienta la scrittura, che in genere è un lavoro di gruppo. Lavorare assieme diventa molto semplice una volta che è stato individuato un obiettivo comune. A quel punto, ognuno di noi fa il suo lavoro e, un po’ come quando balli con qualcuno, il risultato è una coreografia. Nello sviluppo dei progetti, ognuno di noi ha un ruolo ben preciso. La mia ricerca produttiva e la ricerca artistica di Guido sono percorsi complementari che procedono parallelamente, intersecandosi soprattutto nei momenti iniziali d studio ed elaborazione di un progetto, nelle prime stesure della sceneggiatura, fino alla definizione del cast. Guido sa ascoltare. È una qualità rara, soprattutto tra i registi» (A. Fontana, in D. De Gaetano, a cura, Op. cit.).
Il primo lungometraggio di Guido Chiesa pare voler dimostrare che «la dialettica tra valori profondamente diversi come quelli che animarono la guerra partigiana, si rinnova nelle contraddizioni (non meno sofferte e irrisolte) del presente. Un presente dal punto di vista ideologico tanto più precario, se si tiene conto che rispetto a quello che è certo il motivo centrale dell’opera di Fenoglio - il dilemma della responsbilità individuale nei destini collettivi – esso registra una frattura sempre più difficilmente sanabile […] Chiesa sceglie Verra per resuscitare la Resistenza come valore fondamentale per capire il presente, per sbatterla in faccia a quelle ultime generazioni dalle quali è stata rimossa con troppa fretta e superficialità, complice la visione nell'insieme destoricizzante che ne è stata fatta. Lo fa, come Fenoglio, parlando di grandi temi esistenziali: l'assurdità e la casualità della morte, la scelta e il caso, la violenza come non-soluzione, l'amore come struggente disperazione, il senso tragico del vivere» (U. Mosca, “Cineforum”, n. 315, giugno 1992).
Ascoltando un brano musicale che il compositore Giuseppe Napoli aveva scritto per il cortometraggio di alcuni suoi amici, Guido Chiesa capì che quel tema semplice e struggente, eseguito da una fisarmonica sulla base di una batteria elettronica, era l’ideale per Il caso Martello. «Guido pensava che quel brano così moderno e popolare insieme riassumesse bene il senso del film, lo scontro tra presente e passato, tra campagna e città. Attorno a quel tema abbiamo sviluppato l’intera colonna sonora tentando soprattutto di caratterizzare e seguire l’evoluzione del protagonista, uno yuppie rampante che vede frantumarsi le sue certezze, attraverso una musica elettronica inizialmente molto dura, quasi techno-industriale a cui, poco per volta, si aggiungono elementi più melodici di derivazione rock e folk, dando a quelle sonorità martellanti un’atmosfera quasi “paesana”» (G. Napoli, in D. De Gaetano, a cura, Tra emozione e ragione. Il cinema di Guido Chiesa, Lindau, Torino, 2000).
«In questo primo lungometraggio [Il caso Martello, N.d.R.], un articolo 28 prodotto dalla sua Brooklyn Film e presentato con successo nel 1992 alla Mostra del Cinema di Venezia, il protagonista, per chiudere una pratica assicurativa rimasta in sospeso da 35 anni, si mette alla ricerca dei beneficiano, Antonio Martello, un ex-partigiano di cui non si sa più nulla. Inizia a conoscere un mondo lontanissimo dal suo, sospeso tra passato e presente, e rimane affascinato dal mistero della vicenda, dalla bellezza dell'ambiente contadino - siamo nelle Langhe - e dalle persone con cui si scontra […] si tratta di un'altra indagine, un viaggio che inizia nel presente e scava nella memoria, dentro se stessi, attraverso la ricerca di una persona scomparsa e di un passato che sembra dimenticato: "Il fenomeno delta rimozione della Resistenza come specchio per raccontare come l'Italia degli anni '80 stesse cancellando il proprio passato, perdendo, di conseguenza, la propria identità"» (D. De Gaetano, “Quaderni del CSCI” n. 6, 2010).
«Chiesa costringe il protagonista del suo film, Cesare, a porsi domande, lo fa sentire sconfitto, ne mette in ridicolo la "cultura del sospetto" per farlo inciampare in una storia scomoda, dimenticata: la resistenza. Lo costringe a farsi uomo, a trasformarsi. Il "punk-elettronico" che Cesare ascolta viaggiando sulla sua costosa Saab, nel passaggio dal frenetico ritmo della città al paesaggio morbido delle Langhe, va in mille pezzi accompagnando la dissoluzione della sua personalità di tipico yuppie anni Ottanta. Nella struttura del giallo vanno a collocarsi le tappe di una crescita imposta dalla situazione (storica) in cui Cesare è venuto a trovarsi a causa del lavoro di assicuratore che svolge: deve, pena il licenziamento, saldare un indennizzo per un incidente mortale avvenuto nel 1950. Crede di aver a che fare con un oscuro omicidio e si scontra con la residua cultura contadina di quell'importante teatro della lotta partigiana che furono le Langhe. Scopre, rischiando anche la vita, una diversa morale e un passato su cui non si è mai soffermato e infine rintraccia l'assegnatario del risarcimento, Antonio Martello, un vecchio partigiano che non ha mai voluto riscuotere l'assicurazione ritenendola un infamante pagamento per "l'assassinio" involontario di sua moglie. Antonio è uno di quei partigiani che, insoddisfatto per come si è conclusa la guerra, si è dato al brigantaggio. Il vecchio, seduto sotto una targa commemorativa della resistenza, poco prima di morire insegna un po' di storia al giovane assicuratore» (D. Vicari, “Cinema Nuovo” n. 337, maggio-giugno 1992).
Scheda a cura di Franco Prono
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