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Lungometraggi |
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La meglio gioventù
Italia, 2003, 35mm, 540', Colore
Altri titoli: The Best of Youth, Nos meilleures années
Regia Marco Tullio Giordana
Soggetto Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Sceneggiatura Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Fotografia Roberto Forza
Operatore Vincenzo Carpineta
Musiche di repertorio Johann Sebastian Bach, Georges Delerue, Wolfgang Amadeus Mozart, Astor Piazzola, Giovanni Sollima, Benjamin Britten
Suono Fulgenzio Ceccon
Montaggio Roberto Missiroli
Effetti speciali Pasquale Catalano, Massimo Ciaraglia, Fabio Traversari
Scenografia Franco Ceraolo
Arredamento Paolo Riviello
Costumi Elisabetta Montaldo
Trucco Enrico Jacoponi
Aiuto regia Barbara Melega
Interpreti Luigi Lo Cascio (Nicola Carati), Adriana Asti (Adriana Carati), Sonia Bergamasco (Giulia Monfalco), Maya Sansa (Mirella Utano), Fabrizio Gifuni (Carlo Tommasi), Alessio Boni (Matteo Carati), Jasmine Trinca (Giorgia Esposti), Camilla Filippi (Sara Carati), Andrea Tidona (Angelo Carati), Valentina Carnelutti (Francesca Carati), Lidia Vitale (Giovanna Carati), Claudio Gioè (Vitale Micavi), Paolo Bonanni (Luigino), Riccardo Scamarcio (Andrea Utano), Roberto Accornero (Presidente del Tribunale di Torino)
Casting Barbara Melega
Produttore esecutivo Alessandro Calosci
Produzione Angelo Barbagallo per BiBiFilm; Tonino Nieddu, Fabrizio Zappi per Rai Fiction
Distribuzione 01 Distribution
Note
Miniserie televisiva in 4 puntate di 90’ ognuna trasmessa da RaiUno in prime time Domenica e Lunedì dal 7 al 15 dicembre 2003 (media d’ascolto: 6.563.000; share (range): 23,12% - 28,77%).
Suono in presa diretta Dolby Digital; musiche di repertorio: Singet dem Herrn ein neus di J.S. Bach, Catherine et Jim di G. Delerue, Concerto per clarinetto di W.A. Mozart, Oblivion, Remembrance di A. Piazzolla, Aria di G. Sollima, Sentimental Sarabanda di B. Brtten; canzoni: Suzanne (Leonard Cohen), Somethings New, Blue Moon, Fascination, Amado Mio; The House of the Rising Sun (The Animals), Ora o mai più (Mina), Ain’t a Shame (Fats Domino), Reach Out I’ll be There (The Four Tops), A chi (Fausto Leali), Who Wants to Live Forever (Queen), Sodade, Fruto Proibido (Cesaria Evora), I’m through with love, Time After Time (Dinah Washington), A chi (Fausto Leali), I Heard Through the Grapevine (Clarence Water Revival); montaggio del suono: Marta Billingsley; microfonista: Decio Trani; effetti sonori: Studio Anzellotti; assistente al montaggio: Paolo Petrucci; assistente scenografo: Cristina Amendola, Sabrina Coppolecchia; assistente alla regia: Barbara Melega, Federico Olivetti; assistente alla regia a Firenze: Federico Nuti; altri interpreti: Mario Schiano (professore), Giovanni Scifoni (Berto), Michele Melega (professore di letteratura), Paolo de Vita (Don Vito), Mimmo Mignemi (Saro), Marcello Prayer (sottotenente), Nila Carnelutti (Francesca Carati ad 8 anni), Therese Vadem (Therese), Camilla Filippi (Sara Carati adulta), Stefano Abbati (spacciatore), Giovanni Martorana (maghrebino), Domenico Centamore (Enzo), Pippo Montalbano (Commissario siciliano), Gaspare Cucinella (Viddanu), Dario Veca (macellaio), Nicola Vigilante (infermiere), walter Da Pozzo (Mario), Krum De Nicola (Brigo), Maurizio Di Carmine (terrorista), Fabio Camilli (detenuto di Tangentopoli), Antonello Puglisi (sacerdote), Patrizia Punzo (gallerista), Emilia Marra (dottoressa), Greta Cavuoti (Sara Carati ad 8 anni), Sara Pavoncello (Sara Carati a 5 anni), Francesco La Macchia (Andrea Utano a 6 anni), Valeria Colangelo (Elena), Laura Di Mariano (Paola), Massimiliano Petrucci (Fabio), Claudia Fiorentini (Cati), Giorgio Crisafi (dottore capo a Villa Quieta) Paolo Emilio Alvarez de Castro (uomo in Jaguar), Rosa Canova (moglie di Saro), Aldo Mansi (barman di Ravenna), Ferdinando Martin (barman alla stazione), Angelo Giuliano (poliziotto), Sergio Risso (maggiordomo), Danilo Maria Valli (Marino), Angelino Costabile, Enzo Marcelli, Aldo Innocenti, Stefano Biscotti, Sjur Midtun, Rasmus Bu, Mohammed Essaje, Cinzia Cartei, Assia Pallavicino, Lavinia Matteucci; organizzatore generale: Gianfranco Barbagallo.
Troupe torinese - pittore di scena: Giorgio Barullo; sarta: Sara Graziani; attrezzista : Luisa Iemma; aiuto attrezzista: Leonardo Lamprati; assistente alla regia: Sara Patti; casting figurazioni: Morgana Bianco; produttore esecutivo: Stefano Benappi; ispettore di produzione: Giorgio Turletti; segretario di produzione: Joseph Germinale; locations manager: Stefano Benappi.
Il film è uscito nelle sale diviso in due parti: I atto (20.6.2003) e II atto (27.6.2003), poi trasmesso dallaRai in quattro puntate il 7, 8, 14, 15 dicembre 2003.
Premi: “Un Certain Regard” (Festival di Cannes 2003) a M.T. Giordana; “César” 2004 come Miglior Film dell’Unione Europea; David di Donatello 2004 come Miglior Film, a M.T.Giordana come Miglior Regista, a R. Missiroli come Miglior Montatore, ad A. Barbagallo come Miglior Produttore, a S. Petraglia e S. Rulli come Migliori Sceneggiatori, a F. Ceccon come Miglior Fonico in Presa Diretta; “People's Choice Award” (Denver Intrnational Film Festival 2004) a M.T. Giordana come Migliore Lungometraggio di Finzione; “Nastro d’Argento” 2004 al cast mascile (A. Boni, F. Gifuni, L. Lo Cascio, A. Tidona) come miglior Attore Protagonista, al cast femminile (A. Asti, S. Bergamasco, M. Sansa, J. Trinca) come Migliore attrice Protagonista, a M.T. Giordana come Regista del Miglior Film Italiano, a R. Missiroli come Miglior Montatore, ad A. Barbagallo come Miglior Produttore, a S. Petraglia e S. Rulli come Migliori Sceneggiatori, a F. Ceccon come Miglior Suono in Presa Diretta; “Audience Award” (Palm Springs International Film Festival 2004) a M.T. Giordana; “Audience Award” (Rotterdam International Film Festival 2004) a M.T. Giordana; “Golden Space Needle Award” (Seattle International Film Festival 2004) a M.T. Giordana.
Sinossi
Atto I - Roma, 1966. I fratelli Nicola e Matteo Carati sono due giovani studenti universitari. Nicola, che frequenta medicina e lavora come volontario presso un ospedale psichiatrico, incontra Giorgia, una paziente che viene “curata” con l’elettroshock e l’aiuta a fuggire. Ma la ragazza viene ripresa dalla polizia e riportata in ospedale. Matteo, studente di Lettere, decide di arruolarsi nella polizia e rinuncia ai propositi di vacanza in giro per l’Europa insieme al fratello, il quale, giunto a Capo Nord, vede le immagini dell’alluvione di Firenze alla televisione e decide di ritornare in Italia. Qui incontra Giulia e decide di proseguire con lei gli studi a Torino ove condividono l’occupazione di Palazzo Campana e la protesta del ’68. Nel 1974 Matteo è mandato a Torino con il suo reparto a reprimere gli scioperi. Nicola, inizia a lavorare come psichiatra seguendo il pensiero di Franco Basaglia; ha una figlia, Sara, ma non riesce a trattenere Giulia la quale sceglie la strada del terrorismo e della clandestinità. Il padre dei due fratelli muore, la sorella maggiore Giovanna fa il magistrato e la minore, Francesca, sposa il giovane economista Carlo.
Atto II – Anni Ottanta. Nicola ritrova in un manicomio-lager Giorgia in condizioni disastrose e cerca di aiutarla. Matteo, sempre più tormentato, in una biblioteca ritrova Mirella, una giovane siciliana che aveva incontrato anni prima a Palermo, ma non riesce a vivere un rapporto amoroso con lei e la sera di Capodanno si getta dal balcone del suo appartamento. Giulia avverte Francesca che Carlo è il prossimo obiettivo delle BR, poi viene arrestata. A Milano, nel 1992, Nicola scopre l’esistenza di Mirella – che è diventata fotografa e vive a Stromboli – e del figlio (Andrea) che ha avuto con Matteo. Tra Nicola e Mirella nasce un rapporto affettivo, senza che il fantasma di Matteo sia un ostacolo tra di loro.
Dichiarazioni
«Angelo Barbagallo mi propose La meglio gioventù un paio d’anni fa. Avevo già lavorato
con Sandro Petraglia e Stefano Rulli alla sceneggiatura di Pasolini, un delitto italiano e sapevo
che si trattava di un progetto interessante. Fin dalle prime pagine ne fui conquistato. L’ho
sempre pensato come un unico corpus, un solo film; la suddivisione in puntate la considero
puramente accidentale. Allo stesso tempo questa scansione consente una durata che il
cinema non può offrire: sei ore a disposizione, un tempo infinito, romanzesco, che permette
di seguire tanti personaggi e storie parallele, consente di dilatare quello che in un film
siamo costretti a eludere, a sintetizzare. Il nostro committente era la Rai, la televisione
pubblica italiana, che voleva raccontare un pezzo importante della nostra storia, sfida che
sarebbe stato sbagliato non raccogliere. Ci chiedeva di lavorare non su stereotipi ma al
contrario di marcare un punto di vista originale, totalmente diverso dalle convenzioni del
prodotto seriale, uno dei rari casi in cui si voleva fare davvero “servizio pubblico”. La
notevole dimensione produttiva, garantita dalla serietà di un produttore come Angelo
Barbagallo, e la piena libertà nel formare il cast e scegliere i collaboratori mi hanno
convinto ad accettare» (M.T. Giordana, www.fctp.it).
«J’allais pouvoir utiliser le temps comme dans le roman, alors que le temps du cinéma est celui de la nouvelle. Ce qui compte n’est pas l’ellipse: bien sûr, on en fait si on travaille sur une durée plus courte. Mais, dans Nos meilleures années, j’en utilise; il y a parfois dis ans entre une image et l’autre. C’était un défi intéressant. [...] Je ne voulais pas faire un film de plans-séquences, de gros plans et basta. Je voulais voir si j’étais capable de faire un film de six heures renouvelant continuellement l’attention, le point de vue de la caméra, sans jamais répéter la même image. [...] La beauté du scénario, ce sont ces dizaines de personnages racontés par les auteurs comme leur expérience personnelle. Il parlait de choses qui les touchaient de près. En lisant Nos meilleures années, la conclusion de crtaines scenes me faisait éprouver une émotion très forte et je voyais le film» (M.T. Giordana, “Positif”, nn. 509/510, juillet/août 2003).
Gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia scrivono La meglio gioventù (il titolo è mutuato da una raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini) come fiction televisiva che racconta gli ultimi quarant’anni della storia italiana attraverso le vicende private di una famiglia. Vogliono che questo lavoro sia diretto da un regista cinematografico, per garantire una qualità superiore rispetto alla serialità che si vede normalmente in tv. Dopo aver superato molte perplessità dei dirigenti Rai, la regia viene affidata a Marco Tullio Giordana, il quale – come i due sceneggiatori - ha un passato di cinema “impegnato”, e attraverso alcuni film (come Maledetti vi amerò e I cento passi) ha cercato di ricostruire criticamente gli avvenimenti che hanno segnato la storia italiana. Le perplessità della Rai si confermano quando il lavoro di Giordana è ultimato: La meglio gioventù non è subito trasmesso, ma viene presentato nella sezione “Un Certain Regard” del Festival di Cannes; solo dopo il successo lì conseguito, viene distribuito nelle sale diviso in due parti e successivamente viene trasmesso in televisione.
La storia privata della famiglia Carati è il filtro per raccontare la storia d’Italia, ma gli eventi storici rimangono in sordina. L’alluvione di Firenze, il terrorismo, tangentopoli, le stragi in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino, scandiscono e influenzano la vita dei personaggi che ne vengono investiti non senza rimanerne travolti: «abbiamo modificato i “pesi” del rapporto tra la Storia con la esse maiuscola e la storia privata dei personaggi», affermano gli sceneggiatori: «qui la Storia rimane sullo sfondo, a vantaggio dei personaggi. Ad esempio, il terrorismo viene visto per come entra nel “sentire” dei nostri personaggi... Questo credo, ci ha permesso di sfuggire alla politica e alla cronaca, per stare invece incollati ai protagonisti e ai sentimenti» (S. Petraglia, S. Rulli, “Script”, nn. 32-33, 2003).
Se la prima parte, più ricca di interazioni con gli avvenimenti del mondo esterno, scorre equilibrata, gli snodi narrativi del secondo atto si caricano di emotività e di tratti melodrammatici (la maternità di Sara e il suo rapporto madre-figlia con Giulia, la scoperta dell’esistenza del figlio di Matteo, fino a un colpo di scena degno di una soap-opera: l’inizio della storia d’amore tra Nicola e Mirella). I protagonisti si raccolgono, alla fine del secondo atto, nel loro rifugio, il casale di campagna dell’amico Carlo (l’unico che si è chiuso nella tranquilla vita borghese del funzionario di un ministero). La vita privata ha preso il sopravvento un po’ mestamente rispetto al loro impegno verso la Storia, verso il mondo esterno. Il testimone viene raccolto da Andrea, figlio di Matteo e Mirella, che segue le orme dello zio in un viaggio a Capo Nord. Una nuova “meglio gioventù” è pronta, neanche tanto metaforicamente, a prendere il posto di quella vecchia, ma segue i passi della gioventù che è stata, non va verso un viaggio proprio.
«La meglio gioventù conferma il cinema di Giordana come un cinema di parola costruito prevalentemente sulla rielaborazione di fatti di cronaca [...] Giordana sembra chiudere un puzzle in cui ha raccontato, con necessari accenni e omissioni gli ultimi sessant’anni della storia del nostro paese» (S. Ercolani, “Film”, n. 64, 2003).
«Quello della Meglio gioventù è l’affresco di una intera generazione, un dramma corale che potrebbe rappresentare il secondo capitolo della Storia della Morante. Come questo ha il sapore del romanzo popolare, la voglia di raccontare, attraverso il privato di una vicenda familiare, la storia collettiva di un intero paese. C’è poi il tema della saga familiare, filone tanto caro al cinema italiano. […] Pasolini c’è soprattutto nella lettura che viene data della storia, delle cocenti contraddizioni che hanno segnato l’Italia degli ultimi quarant’anni. […] In questo film tutti i personaggi fanno una scelta di campo che è sia ideologica che sostanziale. Scelte che invecchiano insieme a loro e che inevitabilmente li spingono fuori dalla Storia, ai margini delle dinamiche sociali e relazionali» (F. Circi, “Cinemasessanta”, nn. 3-4, luglio/agosto 2003).
«Emprunté à Pasolini, La meglio gioventù [...] ne se prête pas à des interprétations définitives. Qu’importe, jeunesse et vitalité ayant partie liée, admettons que, pour remonter le long cours du film, le “meilleur“ de la vitalité soit la piste à suivre. Un meilleur assimilable à une implication totale dans la vie et à une capacité d’invention toujours renouvelée. Ainsi le cinéaste et les scénaristes ont-ils pensé un édifice cohérent avec éléments porteurs, forces contradictoires, élévation en puissance. Des notions d’architecture qui renvoient Nos meilleurs années au statut de cinéma, en aucun cas à celui de sérié télévisuelle. Le film est d’un seul bloc, son volume et équilibré comme le Duomo de Florence» (F. Audé, “Positif“, nn. 509/510, juillet/août 2003).
«La grande attenzione di Giordana per i corpi e i primi piani degli attori, la recitazione misurata, le inquadrature sempre piene di personaggi, rischiano di produrre una ipertrofizzazione della tematica famigliare e privata, con l’esaltazione dei buoni sentimenti e delle facili emozioni. La meglio gioventù è bello perché trasforma la fiction televisiva in una potente macchina patetica» (R. Menarini, “Segnocinema”, n. 123, 2003).
«Il limite ideologico del film è forse in questa ricerca di pacificazione, nella presunzione che una civiltà sia arrivata al termine. Nelle scene finali in Toscana si ricompongono, almeno a livello familiare, fratture che la società civile, nello stesso periodo, amplifica. All’indomani degli anni di piombo, fallisce infatti il tentativo del riformismo di imporsi come pensiero unico della sinistra. […] Gli “angeli del fango” dell’alluvione di Firenze sono i padri dei no global del G8 di Genova. Rulli e Petraglia, invece, preferiscono non sfiorare il presente e, alla fine, mandano Andrea, il figlio di Matteo, a compiere il viaggio irrealizzato dal padre, e a raggiungere Capo Nord» (G. Rinaldi, “Cineforum”, n. 427, agosto/settembre 2003).
«Dopo tanti anni a mirare fiction, l’Italia ha finalmente il cineteleromanzo che qualcuno di noi, si spera più d’uno, attendeva con civile e affettuosa curiosità. Perché proprio di romanzo, per una volta, si tratta. Romanzo forse di ispirazione anglosassone, europea, alla Jacopo Ortis, ossia più di sottili interiorità ferite che di chiassose questioni d’amore e d’onore. […] Il romanzo, stavolta, ha le fattezze del mito. Di fondazione e di passaggio. Cadono, per una volta, i generi consolidati dello spettacolo filmico nazionale. Viene meno il cinema civile e tutta la sua indignazione. Viene meno la commedia all’italiana e tutta la sua comprensione» (F. De Bernardinis, “Segnocinema” n. 123, settembre/ottobre 2003).
«Dal punto di vista strutturale, le quattro puntate mostrano il passo lento e progressivo tipico del cinema italiano autoriale, con numerose digressioni, svolte relative a eventi spesso indipendenti dai protagonisti (come i lutti), e lunghe scene d'atmosfera, inserite a volte solo per caratterizzare i personaggi, o per ricreare un clima, trasmettere una suggestione, sottolineare dei sentimenti. D'altronde, il taglio cinematografico de La meglio gioventù appare evidente fin dai titoli di testa, accompagnati da notissimi brani musicali, ognuno proprio del periodo raccontato dal singolo episodio. Curato sotto tutti i punti di vista, il prodotto ha sicuramente il suo punto di forza nella costruzione della coppia dei protagonisti - Nicola e Matteo - e dei personaggi in generale, visto che anche i caratteri secondari appaiono pensati con attenzione, ideati in modo originale e interessante. Proprio la profondità psicologica dei personaggi riesce a catturare lo spettatore, coinvolgendolo nel racconto e supplendo a qualche lentezza di troppo dovuta a sporadici vuoti strutturali. […] Indubbio il valore della miniserie, che si impone come una delle fiction più riuscite e, allo stesso tempo, come uno degli esperimenti cinematografici più felici degli ultimi anni» (F. Vassallo, in M. Buonanno, a cura, Lontano nel tempo. La fiction italiana. L’Italia nella fiction. Anno sedicesimo, Eri, Roma, 2005).
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