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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Lungometraggi



La ragazza di via Millelire
Italia, 1980, 35mm, 110', Colore

Altri titoli: The Girl from Millelire Street

Regia
Gianni Serra

Soggetto
Gianni Serra, Tomaso Sherman

Sceneggiatura
Gianni Serra, Tomaso Sherman

Fotografia
Dario Di Palma

Operatore
Dante Di Palma

Musica originale
Luis Enríquez Bacalov

Musiche di repertorio
Ska-ters

Montaggio
Maria Di Mauro

Scenografia
Silvestro Calamo

Costumi
Stefania Benelli

Trucco
Irma Malvicino

Interpreti
Oria Conforti (Betty), Lucia Sturiale (Carmela), Roberto Signorile (bambino), Francesco Pugliese (operaio), Fernanda Ponchione (Giuliana), Lisa Policaro (Luisa), Mario Orlando (Primaldo), Maria Monti (Verdiana), Sandra Giuffrida (bambina), Bruna Garbero (Prosperosa), Maria Teresa Martinengo (Nanà), Gipj (Mario Rubatto)



Produzione
Rai Radiotelevisione Italiana

Note
Collaborazione alla sceneggiatura: Maurizio Tovo; canzone: Solo dolci e un po' di rock degli Ska-ters. 
Il film ebbe, tra i delegati alla produzione Rai, Sergio Ariotti e Bruno Gambarotta; fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1980. Suscitò disapprovazione tra i consiglieri comunali allora all’opposizione a Torino, che criticarono il sindaco del capoluogo piemontese, Diego Novelli, per aver collaborato con il regista di una pellicola che, a loro dire, screditava la città. Non piacque neanche ai rappresentanti dei comitati di quartiere della zona di via Artom, nella quale la storia è ambientata, che raccolsero quasi cinquecento firme affinché l’opera non venisse immessa nei circuiti cinematografico e televisivo.
Il film ha ispirato uno spettacolo teatrale, Senza fissa dimora.




Sinossi
Elisabetta Pellegrino, detta Betty, ha tredici anni, vive alla periferia Sud di Torino ed ha alle spalle una famiglia di immigrati meridionali incapace di accudirla. A lei cerca di badare Verdiana, una delle responsabili di un centro d’incontro del quartiere, che tenta ripetutamente di inserirla in una struttura d’accoglienza, ma invano. Betty scappa ogni volta, ritornando alle sue frequentazioni: una piccola banda di delinquenti, che vuole spingerla a prostituirsi e alla quale lei consegna una coetanea da avviare al marciapiede, e un ragazzo della sua zona, che la fa violentare dagli amici.

 




Dichiarazioni
«La ragazza di via Millelire presentava problematiche sociali talmente urgenti da risultare scomode e di difficile soluzione immediata. La pellicola risultò troppo "vera", rappresentando quasi un atto di accusa verso le istituzioni di allora che condizionarono la critica, forse impreparata ad un tema sociale così scottante. Di conseguenza le recensioni negative al film tennero lontano dalle sale il grande pubblico, che perse I'occasione    di vedere rap­presentato con largo anticipo uno dei film di denuncia sociale che tempo dopo vennero largamente proposti […] Con Gianni Serra fu un rapporto di padre-figlia: una quindicenne alla prima esperienza ha bisogno di tutta la com­prensione possibile e devo dire di averla ottenuta, assieme alla sua disponibilità ed al suo affetto, visto anche l’ar­gomento molto delicato che si doveva trattare. Coi colleghi, miei coetanei, si proponeva un giornaliero confronto sui problemi che erano naturalmente comuni. […] Nonostante avessi nessuna esperienza di recitazione venni scelta attraverso un normale provino su una rosa di 3500 aspiranti. Risultai molto più bambina rispetto alle mie rivali, e forse fu proprio questo il motivo che mi fece preferire a tutte. […] Si possono vedere nella società attuale gli stessi problemi presenti allora: I’emarginazione delle categorie sociali più basse assieme al disagio degli extracomunitari, la violenza consumata ai danni delle donne e dei bambini, I'alienazione di persone che vivono ai margini della società, senza speranze e senza futuro. […] La ragazza di via Millelire è stata la mia unica esperienza cinemato­grafica. Non ho più fatto nulla di importante tranne alcune partecipazio­ni televisive sotto la direzione di Massimo Scaglione. Successivamente condussi un programma per bambini per una televisione locale pie­montese. Da molti anni non lavoro più nel settore, anche se a volte penso che mi sarebbe piaciuto continuare» (O. Conforti, “Mondo Niovo 18-24 ft/s” n. 2, 2006).





La ragazza di via Millelire è un dramma cupissimo, senza redenzione; racconta storie senza progettualità di personaggi che vivono alla giornata, privi di prospettive, uniti da legami basati solo sugli interessi personali. I protagonisti, degradati moralmente, sono mossi dalle leggi della sopraffazione e della vendetta; deprivati socialmente, riescono a dare valore solo ai beni materiali: alle motociclette potenti e ai vestiti alla moda che arrivano da Milano.

L’opera fu stigmatizzata dagli abitanti di via Artom: questi temevano che, a causa del film, per i giovani della zona sarebbe stato ancora più difficile trovare un lavoro ed in generale farsi accettare dalla società. In effetti, il film non può avere la pretesa di ritrarre fedelmente una realtà complessa come quella di un quartiere in cui, a fianco di famiglie disastrate, vivevano onesti lavoratori. Inoltre, l’immagine della zona era già stata in passato oggetto di tentativi di spettacolarizzarne il degrado in maniera artificiosa; nel 1972, ad esempio (otto anni prima del film), una troupe televisiva romana che collaborava saltuariamente con la Rai aveva provato a realizzare un servizio sul disagio minorile nella zona fornendo di proposito sigarette agli alunni della scuola elementare di via Millelire (l’Adelaide Cairoli).

Il lungometraggio di Gianni Serra non inventa però niente. Parla di droga e questa piaga interessò davvero la zona in maniera massiccia. Racconta di una ragazzina di dodici anni incinta e realmente si verificarono casi simili, nella zona: lo ricorda l’ex-sindaco di Torino, Diego Novelli, in una pubblicazione dedicata al quartiere edita vent’anni dopo La ragazza di via Millelire (Angelo Castrovilli e Carmelo Seminara, Mirafiori, la città oltre il Lingotto. Storie di via Artom e dintorni, Mentelocale, Torino, 2000). Descrive il fenomeno del vandalismo: effettivamente i lampioni del quartiere erano sistematicamente danneggiati ogni sera, come si vede nel film; operai del Comune, per ordine del sindaco, sostituivano le lampadine rotte ogni mattina, finché un bel giorno trovarono  lampioni intatti.

Il lungometraggio, accolto male alla Mostra del Cinema di Venezia del 1980, è caratterizzato da un linguaggio scurrile, aderente al gergo utilizzato dai ragazzi torinesi. È interpretato perlopiù da attori non professionisti, reclutati nella zona di via Artom. A proposito del rapporto tra questi e il regista Gianni Serra, la protagonista del film, Oria Conforti, ha ricordato (durante una proiezione del film tenutasi nel giugno del 2006) che molti dei ragazzi provenivano da situazioni familiari assai difficili e che talvolta liti domestiche particolarmente violente impedivano loro di partecipare alla lavorazione dell’opera; Serra era riuscito a diventare per questi giovani un punto di riferimento, una figura da cui poter farsi ascoltare.

Il lungometraggio, accolto male alla Mostra del Cinema di Venezia del 1980, è caratterizzato da un linguaggio scurrile, aderente al gergo utilizzato dai ragazzi torinesi. È interpretato perlopiù da attori non professionisti, reclutati nella zona di via Artom. A proposito del rapporto tra questi e il regista Gianni Serra, la protagonista del film, Oria Conforti, ha ricordato (durante una proiezione del film tenutasi nel giugno del 2006) che molti dei ragazzi provenivano da situazioni familiari assai difficili e che talvolta liti domestiche particolarmente violente impedivano loro di partecipare alla lavorazione dell’opera; Serra era riuscito a diventare per questi giovani un punto di riferimento, una figura da cui poter farsi ascoltare.

Il film si avvale di un montaggio serrato, in grado di donargli un ritmo che poche altre produzioni italiane dei primi anni ’80 possono vantare.

L’autore della musica originale de La ragazza di via Millelire, Luis Enriquez Bacalov, ha vinto Oscar e Nastro d’Argento per la migliore colonna sonora firmando le musiche de Il postino, film di Massimo Troisi (1994). Il curatore della fotografia, Dario Di Palma, ha lavorato anche in film come Amore tossico (1984) di Claudio Caligari, Brutti sporchi e cattivi (1976) di Ettore Scola, Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972) di Lina Wertmüller e Porci con le ali (1977) di Paolo Pietrangeli.

Nel lungometraggio si vedono scorci di piazza XVIII dicembre (Porta Susa) e soprattutto location della periferia Sud di Torino. Non compaiono mai le case popolari di via Artom, rione in cui la vicenda è ambientata (sono visibili invece in Trevico-Torino viaggio nel Fiat-nam di Ettore Scola, 1973). Le riprese mostrano le non lontane abitazioni di via Negarville, simili esteticamente ma differenti per un particolare ben visibile: i palazzi di via Negarville, a differenza di quelli di via Artom, sono dotati di balconi. Altri luoghi facilmente riconoscibili sono piazza Bengasi e via Pracavallo a Nichelino, entrambe molto vicine a via Artom. 

La protagonista del film porta sempre con sé un mangiacassette; in una scena Betty canticchia due versi (“Non vado a un appuntamento senza un fiore/ma non confondo il sesso con l’amore”) di Sono un pirata, sono un signore di Julio Iglesias.
 
«Tratto fondamentale de La ragazza di via Millelire (come di non poche analoghe operazioni precedenti), la particolare accentuazione dello iato intercorrente fra intenzioni ed esiti. Da una parte, indipendentemente dalle contrastanti, e volonterosamente avallate, dichiarazioni dell'autore sull'antinaturalismo, risulta particolarmente vistosa in assai larghi brani del film una tendenza (di fatto "ingenua") a catturare "la vita com'è", in una chiave che finisce, all'interno di un'elaborazione deliberatamente "antidocumentaria", per farsi quasi documentaristica: ciò si verifica soprattutto, ed è comprensibile, allorché ci si sposta dalle vicende dei "personaggi" singoli al corale rispecchiamento d'un maggior numero di presenze. [...] Non s'intende sottovalutare né tanto meno irridere, va da sé, i risvolti reali d'una situazione regressiva disperata e probabilmente, nei fatti, irreversibile: ma sottolineare come un livello talmente alto di concentrazione finisca talora per far scaturure, in chi guarda, reazioni d'incredulità o peggio di ilarità, certo ingiustificabili ma in qualche misura comprensibili» (N. Lodato, "Cineforum" n. 9, settembre 1981). 
 
«Mi sembra che la questione della lingua sia uno dei temi centrali considerati da Serra in La ragazza di via Millelire. Trattando di realtà sociali crudamente esistenti, i numerosi quartieri/ghetto di Torino, egli parte dal reperimento di un linguaggio comune usato dalla popolazione giovanile qui protagonista. Il linguaggio è una sorta di gergo a metà tra quello della malavita e un "sinistrese" deperito, di cui mantiene un'aura contestativo-populista, che opera una distruzione sistematica del dialetto ed è basato sull'ossessiva ripetizione di interiezioni come "dioffà" o "picio", di origine piemontese mescolate ad altre di ascendenza meridionale tipo "minchia". Questa lingua gergale, povera e violenta, testimonia l'afasia e l'avvenuto "black-out" comunicativo tra il mondo degli adolescenti emerginati e la città [...]. Il lnguaggio viene così a perdere la sua funzione propria e peculiare, diventa spesso brusio di fondo, rumore. [...] La Torino di gozzaniana memoria "come un'antica stampa bavarese" è soltanto un simulacro "d'altri tempi" che ignora/rimuove la realtà delle varie Via Artom e dei quartieri popolari, veri e propri luoghi d'incubazione di violenza ed emarginazione» (I. Franchi, Cinema Nuovo" n. 273, ottobre 1981).
 
«[…] il lavoro del regista Gianni Serra, ambientato e girato nella periferia sud di Torino nel 1981 - principalmente in una via Artom e nel­l'omonima via Millelire simboli di un degrado urbano e sociale legato all'im­migrazione meridionale richiamata dal miraggio Fiat - subì un vero e pro­prio fuoco di fila dalla critica del periodo, e lo ricorda anche Diego Novelli, allora sindaco di Torino: "Conoscevo Serra e gli diedi una mano per il film. II lungometraggio, prodotto dalla Rai regionale di Torino, mi portò anche qualche guaio in consiglio comunale. Ci fu più di un'interrogazione degli esponenti democristiani e liberali. Mi accusavano di non aver preso posi­zione contro ‘un'opera che denigrava Torino’. Ma allora quella era la Torino delle periferie". Non mancarono anche le petizioni dei residenti, che non si riconoscevano nel ritratto fatto da Serra del quartiere. Eppure quello era il mondo della periferia in tutte le grandi città italiane. Pasolini, a cui alcune atmosfere del film si richiamano, ne aveva già tracciato un ritratto con i suoi Ragazzi di vita. Novelli fa un esempio, ripreso anche nella sceneggia­tura, delle situazioni quasi paradossali che il Comune si trovava ad affron­tare: "In via Artom spaccavano tutte le notti le lampade dei lampioni pubblici. A questo punto ho voluto vedere chi aveva la testa più dura. Così, tutte le mattine, mandavo una squadra di operai a sostituirle. Loro rompe­vano e noi aggiustavamo. Alla fine si sono stufati loro". Tra i protagonisti del film, antesignano misconosciuto di un genere poi diventato famoso con Mery per sempre del regista Marco Risi, ci sono i ragazzi del quartiere. Oria Conforti ricorda il rapporto con loro e con il regista: "lo, pur arrivando non da quell'ambiente, mi trovai benissimo. Eravamo in sintonia. Avevo quindici anni e I'irrequietezza adolescenziale era la stessa. Gianni, poi, aveva un rapporto meraviglioso con loro. Li aveva conosciuti ad uno ad uno mesi prima. Alcuni arrivavano da situazioni fami­gliari disastrate. Molti si confidavano con lui, gli chiedevano consigli su come affrontare i problemi di tutti i giorni". Alla prima del film, fatta al cinema Massimo di via Verdi a Torino, i ragaz­zi di via Artom ci furono al completo, e alcuni di loro andarono anche alla mostra del cinema di Venezia. Qui arrivò la cocen­te delusione della stroncatu­ra critica, tanto da sinistra, che con un certo snobismo non voleva lavare i panni sporchi in pubblico, quanto dai conservatori che ne facevano una questione di "buona crean­za". Non accet­tavano un'opera che oggi si definirebbe di "docufiction", dove si fotografa la realtà e tra il pubblico e la storia non ci sono filtri. A partire da un linguaggio crudo, zeppo di paro­lacce e di bestemmie e da immagini in cui il mondo della droga, la violen­za di uno stupro o il pestaggio di un ragazzino, sono un voluto pugno nello stomaco dello spettatore. Oggi La ragazza di via Millelire è un film da far rivedere, per- insegna­re alle nuove generazioni e alle istituzioni un pezzo della nostra storia recente ed evitare, se possibile, che certe situazioni si ripetano. La ban­lieue francese docet» (A. Gaido, “Il Mio Quartiere” n. 23, 29 giugno 2006).


Scheda a cura di
Davide Larocca

Persone / Istituzioni
Gianni Serra
Tomaso Sherman
Oria Conforti
Maria Monti
Maria Teresa Martinengo

Luoghi
NomeCittàIndirizzo
Artom, viaTorinovia Artom
Millelire, viaTorinovia Millelire
Mortara, corsoTorinocorso Mortara
Mosca, ponteTorinoponte Mosca
stazione di Porta SusaTorinopiazza XVIII Dicembre
Vittorio Veneto, piazzaTorinopiazza Vittorio Veneto



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