«Colpevole fino a prova contraria non vuole puntare il dito e criticare la polizia italiana, ma è una critica al metodo globale usato per la lotta al terrorismo, una specie di pesca a strascico che purtroppo causa anche molte ingiustizie» (H. Krissane, Scheda dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, 2007).
«Il tema del film è la percezione del terrorismo internazionale che si intreccia inevitabilmente con la presenza dello straniero. Presentata come un’opportunità per un’ascesa sociale individuale, la lotta al terrorismo si rivela cieca rispetto a qualsiasi dichiarazione d’innocenza. In questo film viene proposto un parallelo tra la normale vita quotidiana di uno straniero, divisa tra la ricerca del lavoro e il tentativo di adattamento alla nuova realtà, e la percezione di chi lo osserva dall’esterno, senza comprenderne il linguaggio e la mentalità. In questo modo la maggior parte delle azioni e dei contatti quotidiani dello straniero sono letti come una minaccia da parte di chi non può o non vuole comprenderli. Al di fuori del commissariato di polizia ove si svolge la maggior parte dell’azione filmica, la città si mostra talvolta spaventata da quello che sta accadendo ma, in altri casi, sembra mantenere un indifferente compiacimento. I toni ironici del cortometraggio, che sembrano essere ripresi dal linguaggio teatrale di Dario Fo, ripropongono un pezzo di storia italiana ricontestualizzata nel presente» (Scheda dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, 2007).
«Ritmato e non privo di estro a livello linguistico, anche se a tratti sembra scadere nei peggiori clichés della fiction televisiva, denuncia la buona dose di approssimazione con la quale molti immigrati africani in Italia sono stati incarcerati e spogliati di ogni diritto di giustizia che dovrebbe stare alle basi di uno Stato civile, complici l’isteria conseguente agli atti di terrorismo internazionale e l’ignoranza nei confronti di una lingua e di una cultura. La loro unica colpa? Essere nel luogo sbagliato, nel momento sbagliato, con la nazionalità “sbagliata” segnata sul passaporto» (A. Barone, www.cinemavvenire.it).