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ENCICLOPEDIA DEL CINEMA IN PIEMONTE

Cortometraggi e Documentari



Campane a stormo
Italia, 1945, 9,5mm, 32', B/N


Regia
Giuseppe Pollarolo

Sceneggiatura
Occhipinti

Fotografia
Giuseppe Pollarolo

Montaggio
Giuseppe Pollarolo



Note
Canzoni: Oltre il ponte (di Italo Calvino, Sergio Liberovici) cantata da Fausto Amodei,  Partigian della valle, Arma lo sten, Americano, E noi di Ciro siamo, Sul paion, Viva la nostra cricca.




Sinossi
«Campane a Stormo è un film a soggetto sui partigiani realizzato da partigiani medesimi. La sottile trama che si snoda nelle campagne cuneesi vede come protagonisti il partigiano Sandro, Evelina e la compagna Primula. Evelina, innamorata di Sandro, scopre la relazione clandestina con la “Primula” e accecata dalla gelosia cerca di vendicarsi denunciandola al capitano di Brigata Nera. Colta da rimorso tenta di porre rimedio alla sua ignobile azione, ma ormai è troppo tardi: la "Primula" è stata catturata e sottoposta a orribili torture. Soltanto l’attacco vittorioso dei partigiani consente di liberare "Primula" e di portarla in salvo» (www.ancr.to.it).




Dichiarazioni
«Si tratta di un film eccezionale: con la sua fragilità, la sua ingenuità, il candore della sua ignoranza di ogni convenzione e regola narrativa cinematografica, è un documento che va oltre i limiti del filmetto cinematoriale. È un esempio incredibile di film militante, è un film fatto per gioco ma anche per educare. È una testimonianza della fame di immagini filmiche che il nostro secolo ha creato negli uomini, per cui anche nei momenti apparentemente più assurdi un gruppo di uomini si mette a fare uno spettacolo cinematografico» (G. Pollarolo, Venezia, aprile 1970).
 
«L’attività cinematografica è una attività puramente ricreativa. Io non ero un giornalista che mi preoccupassi di riprendere delle scene che fossero utili per altri. [...] Ci divertivamo e naturalmente sono capitati dei momenti [...] in cui il divertimento era pericoloso, perché erano scene vere, di guerra, prese proprio in prima linea. Ero sempre in prima linea, mai con un’arma, con il mio libro di preghiere e con la macchina cinematografica: era una Paté Baby, molto piccola, la tenevo in tasca, con estrema facilità. [...] Gli strumenti del mestiere sono questi: ecco, io me la sviluppavo su in montagna la pellicola [...]  con dei successi che portavano all’entusiasmo i giovani, perché nel giro di un’ora, quando il tempo era asciutto, riuscivamo a vederci la scena girata. Quindi potete immaginare, in quell’isolamento, poter proiettare in un distaccamento o nel paese in mezzo alla popolazione, una scena girata un’ora prima» (G. Pollarolo, in Piemonte partigiano. Cinema e resistenza in Piemonte. 1943-1993, a cura di P. Gobetti, Regione Piemonte-ANCR, Torino, 1993).
 
«I partigiani francesi sono stati molto più fortunati di noi, hanno avuto addirittura dei professionisti dell’obiettivo. Io ero un cappellano, non ero un giornalista, però avevo con me una piccola macchina da presa per dilettanti, una Pathé Baby, che stava in una tasca. Riuscivo a riprendere le scene dal vero in combattimento e poi, per ragioni di sicurezza, me le sviluppavo in montagna e ce le vedevamo subito, nel giro di ventiquattr’ore; era proprio una documentazione autentica, presa dal vero, alle volte vicinissimi ai partigiani che sparavano sui tedeschi. Ho ripreso scene di guerra, le ho riprese proprio sul posto e ho ripreso anche scene di vita familiare, perché non si era sempre in combattimento: la guerriglia non era una guerra, capitavano delle giornate nere, c’erano invece giornate di distensione e di riposo, quindi arrivavamo addirittura a girare un film su soggetto, così per nostro piacere e nostro diletto» (G. Pollarolo, in P. Gobetti, G. Risso, Lotta partigiana, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza-Consiglio Regionale del Piemonte, Torino, 1999).





«A me pare che questa opera cinematografica di don Pollarolo sia un qualcosa di estremamente interessante, in tutti i suoi aspetti, proprio per il fine primo di cui si parte. È un discorso piuttosto importante e che si è affrontato altre volte a proposito di cinema militante. Qui è un caso sui generis, naturalmente; normalmente noi parliamo di cinema militante al servizio della rivoluzione, definizioni più o meno esatte. Ma la sostanza di questo cinema è che vuole intervenire sulle cose, il presupposto è che il cinema non è inteso come spettacolo, ma veramente come strumento per intervenire in una realtà. In questo senso il discorso si applica anche a questo film di don Pollarolo» (P. Gobetti, Atti del convegno di studi sulla Resistenza nel cinema italiano del dopoguerra, Venezia, 24 -27 aprile 1970, in "I quaderni de Il Nuovo Spettatore" , Ancr, Torino 1993).
 
«Campane a stormo è il risultato del montaggio di materiali girati tra il 1944 e il 1945 nelle zone libere dell’Oltrepò pavese, in particolare nelle montagne attorno al paese di Romagnese (PV). Molte sequenze non sono il risultato di una finzione, ma sono spezzoni girati da Don Pollarolo per documentare la vita partigiana e poi montati assieme alle altre scene. Per esempio le scene che ritraggono i partigiani in azione o la popolazione che scappa di fronte ai rastrellamenti tedeschi, non sono finzione, ma documenti autentici. Questo film esprime in modo semplice ed efficace lo spirito e il patriottismo che animavano il movimento partigiano» (www.politicaonline.net/).  


Scheda a cura di
Marta Teodoro

Persone / Istituzioni
Giuseppe Pollarolo


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Don Giuseppe Pollarolo
Giuseppe Pollarolo
Campane a stormo
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