Altri titoli: Threee Point Six
Regia Nicola Rondolino
Soggetto Luca Aimeri, Nicola Rondolino
Sceneggiatura Luca Aimeri, Nicola Rondolino
Fotografia Gian Enrico Bianchi
Musica originale Giuseppe Napoli
Musiche di repertorio L. Martin, M. Carras
Suono Marco Tidu
Montaggio Valentina Girodo, Massimiliano Cassacci
Scenografia Valentina Ferroni
Costumi Patrizia Ciarano
Trucco Nadia Ferrari
Aiuto regia Stefano Botta
Interpreti Valerio Binasco (Salvo), Marco Giallini (Dante detto il Nero), Stefania Orsola Garello (NanĂ ), Petra Faksova (Luna), Michele Nani (capo commissione), Cosimo Cinieri (Montecarlo), Hedi Krissane (Lufti), Cristiano Campus (Kamal), Renzo Bergero (Grimaldi), Fathy Ebraim Elgharbawy (Amid), Maconda Dezardelle (Pascal), Ali Brahim (padre di Pascal), Amaranta Flagelli (ragazza tatuata), Giuseppe Loconsole (Rudy), Seck Moustapha (Maurice)
Direttore di produzione stripslashes(Lia Furxhi)
Produttore esecutivo Emme Produzioni
Produzione John Cesaroni per Lares Video
Distribuzione Sharada
Note 2420 metri.
Anno di produzione: 2001.
Assistente operatore: Alessandro Merluzzi; fotografo di scena: Guido Salvini; suono in presa diretta Dolby Digital; montaggio del suono: Marco Furlani, Giuseppe Napoli; missaggio: Gabriele Gubbini; assistente al montaggio: Guido Borgna; assistente scenografo: Vera Castrovilli; assistente costumista: Fabio Angelotti; parrucchiera: Fiorella Novarino; assistente alla regia: Giorgio Turletti; altri interpreti: Mauro Franco (garagista), Arnaud Koehi (autista furgone), Monica Schmidtova (ragazza bionda), Carlo Stuparich (cliente di Luna), Sergio Maria Longo, Gennaio Di Sarno (uomini della commissione), Ndogala Blaise, Antonio Pedro Kiala, Liwanga Kiala, Rogacia Nkouka (lottatori), Gianluca Gambino; segretaria di edizione: Fernanda Selvaggi; organizzazione generale: Mauro De Salve; supervisore alla produzione: Gherardo Pagliei; segretario di produzione: Diego Cavallo; amministratore: Franco Gianni.
Vietato ai minori di 14 anni.
Film realizzato con il contributo del MiBAC e con il supporto della Film Commission Torino Piemonte.
Sinossi
A Torino, nel quartiere multietnico di San Salvario dove la delinquenza organizzata controlla la prostituzione e lo spaccio di droga (soprattutto eroina, la cui formula è 3.6), Silvio e Dante sono amici di infanzia, ma uno è diventato poliziotto, mentre l’altro è un malavitoso. Ciò che li divide maggiormente è l’amore che nutrono per la stessa donna.
Nicola Rondolino fa il suo esordio nel lungometraggio con un noir ambientato nel quartiere torinese di San Salvario, zona a ridosso della stazione ferroviaria centrale della città e, per questo, approdo di varia e dolente umanità. Questo quartiere multietnico e variopinto ma angariato dallo spaccio della droga è lo scenario di una storia raccontata in modo duro e veloce, con un linguaggio e una struttura drammaturgia coerenti con i codici caratteristici del noir a cui il regista ha scelto di aderire.
Come è tipico di questo genere cinematografico, un ruolo importante è rivestito dagli scenari offerti dalla città in cui la vicenda è ambientata; qui vediamo una «strana mescolanza tra i resti di un'antica città europea e le macerie del capitalismo industriale: immensi capannoni, mura, geometrie, aree abbandonate, sormontati da cieli aperti, vasti» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 8.6.2003).
Torino è ambiente non banale né casuale, «mai semplice sfondo, ma tessuto connettivo che racconta di una città sospesa tra un passato che non c'è più e un futuro che inquieta. Resta la sintesi di un presente contraddittorio, in cui i grandi spazi industriali di una volta producono oggi solo atomizzazione, sospetto e solitudine, come accade nella sequenza dell'interrogatorio fatto a Salvo dai suoi superiori, girata in una smisurata struttura industriale ora desolatamente vuota. Oppure nei panorami in cui la Mole, quando appare, fa capolino dietro un muretto che copre altri orizzonti e sembra anche dal vero un ninnolo fuori luogo, come quel portacenere in cui il boss algerino spegne minaccioso la sigaretta vicino a Montecarlo, personaggio di un tempo che non esiste più, di una criminalità “romantica”, perché evocata nella memoria, e non più nella realtà, con il trafficante di droga che oggi sembra un innocuo droghiere di una volta, nella bella ambientazione del negozio in cui si svolgono molte sequenze» (M. Marangi, “Cineforum” n. 426, 2003).
L’incipit è uguale all’immagine finale: una lunga inquadratura in cui vediamo un uomo vestito di nero che cammina su una spiaggia tra bagnanti chiassosi. È questa la splendida cornice di un film il cui maggiore pregio sta nello stile del regista, nel modo in cui la struttura drammaturgica viene organizzata utilizzando codici linguistici che vanno oltre quelli canonici del noir. I protagonisti (un poliziotto corrotto ed un malavitoso, amici d’infanzia che amano la stessa donna, Nanà, una tossicodipendente sposata con il primo ed innamorata del secondo) sono emblemi di una società in sfacelo. «L’emotività, le passioni sono intense, forti […], travolgono i dannati dolenti. La violenza furiosa dei drogati esplode in assalti, fughe, deliri criminali: realistici, non artificiosamente raccapriccianti»; Tre punto sei pertanto rende pienamente la «turpitudine della vita presente, feroce e sentimentale insieme; e rivela un cineasta dal quale ci si può aspettare molto» (L. Tornabuoni, Op.cit.).
La vicenda, proprio perché tipica del genere noir, potrebbe apparire anacronistica inverosimile nell’ambientazione torinese contemporanea, oppure potrebbe scadere nella più vieta banalità; ma il regista intelligentemente evita questi rischi: «già nel gioco tra i personaggi e i tipi che dovrebbero incarnare c’è sempre uno slittamento, uno iato che permette di cogliere una maggiore complessità rispetto all’assunto di superficie. In questo senso tutto il film è abilmente giocato tra l’ovvietà delle apparenze – legate appunto a stilemi ignoti – e la profondità dello sguardo, che svela con il tempo dimensioni meno banali e più intriganti […]. In questo atteggiamento non scontato il film trova il suo pregio maggiore, evitando l‘esercizio di stile fine a se stesso e cercando invece di stimolare nuove prospettive in riferimento a ciò che viene mostrato» (M. Marangi, Op. cit.).
Del resto nei migliori film noir americani e francesi degli anni Quaranta-Sessanta molte vicende prive di particolare interesse, ma spesso stereotipate e ricche di prevedibili sviluppi narrativi, venivano messe in scena in modo tale da sollecitare l’attenzione degli spettatori su situazioni esistenziali, inquietudini, incertezze, sofferenze che appartenevano a tutta la società. Proprio questo fa Rondolino con il suo noir a San Salvario.
«L'atmosfera che domina il film ricorda molto da vicino certi classici francesi: personaggi duri, dialoghi essenziali, un senso di pesantezza e angoscia incombenti, scene di violenza dal ritmo sincopato. Malavita organizzata, prostituzione, spaccio di droga, immigrazione clandestina. E due protagonisti che inseguono una giustizia tutta loro. Efficace l'ambientazione in una Torino ripresa nei suoi angoli meno conosciuti di un quartiere multietnico e molto poco borghese, che la fa somigliare molto a certi bassifondi di Marsiglia o Parigi. Interessante la struttura del film, che ha un andamento quasi circolare, con il prologo e l'epilogo identici: un uomo (che subito dopo scopriremo essere il poliziotto Salvo) che procede da lontano verso la macchina da presa con andamento barcollante, con una pistola in mano, in una spiaggia affollata di bagnanti. [...] Questa opera prima di Nicola Rondolino, che finora ha firmato interessanti cortometraggi, è un bell'esempio di cinema moderno, per niente italiano, fatto di ingredienti semplici ma efficaci. Interessante il cambiamento di ritmo tra la prima parte (fatta di un montaggio veloce, che introduce i personaggi e il loro ambiente, e che forse manca un poco di chiarezza) e la seconda parte (più rallentata, intima, sofferta, in cui vengono sempre più in primo piano i due protagonisti)» (E. Bartoni, “Film” n. 65, settembre-ottobre 2003).
«Torino Dark: finalmente la città, che così spesso viene rappresentata con un'immagine limpida, composta e serena, trova il suo lato oscuro nell'opera prima affascinante e buia d'un giovane cineasta. Tre Punto Sei di Nicola Rondolino è una storia criminale e romantica d'amori perduti mai dimenticati, delle ombre del quartiere di San Salvario, di uomini che tentano di nascondersi e ragazze che provano a non drogarsi più, di poliziotti corrotti. Tra i fatti scivola come un serpente silenzioso il cambiamento avvenuto nella malavita della città, difficile da vivere per vittime e colpevoli» (L. Tornabuoni, “La Stampa”, 8.2.2008).
«Esordio di Nicola Rondolino, 35 anni, "Tre punto sei" (la formula dell'eroina) è un insolito ed amaro noir italiano girato all'americana, debole nel racconto ma con immagini notevoli (l'inizio-fine) e un buon cast (Valerio Binasco, Roberto Giallini, Cosimo Cinieri, Stefania Orsola Garello...). Più vita, meno cinema, e sarebbe anche un bel film» (F. Ferzetti, “Il Messaggero”, 27.6.2003).
«Nicola Rondolino esordisce nel lungometraggio dopo alcuni corti e vari video. L'impresa, dal punto di vista della struttura, non gli è riuscita bene. I due personaggi principali hanno psicologie poco sfumate, con reazioni in cui, privilegiando il sospeso, si nuoce alla chiarezza. […] Meritano invece attenzione i modi della regia che, pur alle prese con una materia spesso faticosa da accostarsi, la riveste di immagini in cui le tensioni, le angosce di destini alla deriva hanno un solido rilievo visivo. Quasi a ricordarsi con accenti colti un certo cinema francese su temi analoghi. Vi rimandano anche i protagonisti, Marco Giallini e Valerio Binasco, con maschere anni Trenta» (G.L. Rondi, “Il Tempo”, 18.7.2003).
Scheda a cura di Franco Prono
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