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Lungometraggi |
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Margherita fra i tre
Italia, 1942, 35mm, 70', B/N
Regia Ivo Perilli
Soggetto dalla commedia omonima di Fritz Schwiefert
Sceneggiatura Nicola Manzari, Renato May
Fotografia Ugo Lombardi
Musica originale Mario Nascimbene
Montaggio Renato May
Scenografia Natale Steffenino
Arredamento Natale Steffenino
Aiuto regia Ruggero Jacobi
Interpreti Assia Noris (Margherita Villauri/Rita/Marga/Greta), Carlo Campanini (zio Carlo), Giuseppe Porelli (zio Ludovico), Enzo Biliotti (zio Lamberto), Aldo Fiorelli (Paolo Nardelli), Ernesto Almirante (Giovanni), Margherita Bagni (signora Villauri), Jone Morino (Renata), Greta Larsen (Wilma), Elana Banti (Emilia), Carlo Artuffo (l’autista), Amleto Filippi (l’agente di polizia)
Direttore di produzione stripslashes(Dino De Laurentiis)
Produzione Realcine
Distribuzione I.C.I.
Note Collaborazione a scenografia e arredamento: Angelo Zagare; doppiatori: Lidia Simoneschi (Assia Noris), Stefano Sinibaldi (Aldo Fiorelli), Giulio Panicali (Giuseppe Porelli), Renata Marini (Jone Morino); assistente di produzione: Maggiorino Canonica.
Il film è stato girato negli studi Fert di Torino.
Sinossi
Margherita ama, riamata, il suo fidanzato. Questi, giovane dal carattere indeciso, è imbrigliato dalla tutela legale di tre zii affettuosi, ma scapoli impenitenti e quindi assolutamente contrari al matrimonio del loro adorato nipote. Margherita decide di non darsi per vinta e usa l’arma della seduzione con i tre zii. Studia il carattere di ciascuno di loro e poi si trasforma nella donna ideale che ognuno dei tre vorrebbe al proprio fianco; li seduce e da ciascuno di loro ottiene una domanda di matrimonio. A questo punto la donna svela il proprio gioco, i tre tutori comprendono gli errori commessi e concedono il consenso al matrimonio del nipote.
«Ivo Perilli gode una fama ristretta ma meritata: quella d’essere uno dei giovani più seri e più preparati del nostro cinematografo, fama suffragata dal suo lungo lavoro di sceneggiatore e di aiuto regista, e molto, dal suo primo film come regista: Ragazzo. Delle doti direttoriali ch’egli aveva a quel tempo manifestate: attenta penetrazione psicologica, efficacia incisiva nel ricreare certi ambienti popolari, sicuro dominio dei mezzi, purtroppo non ritroviamo, qua dentro neppure una traccia lontana. C’è chi dice: ma non è Margherita fra i tre, che una sorta di prova generale che il regista s’è concessa per rinfrescarsi la memoria, in attesa di dedicarsi a un film importante. A noi sembra che questa prova non era davvero necessaria (giustificabile solo se si pensa che dopo Ragazzo egli non ha avuto più modo di dirigere film). Ma soprattutto ci interessa porre sul tappeto, come si suol dire, una questione: ha il diritto, un regista “serio” come Perilli, di compromettersi banalmente con un lavoro “fatto con la mano sinistra”, come questo? Ci sembra di no. Proprio per la ragione elementare che i pochi ben intenzionati del nostro cinema devono sentire il dovere di conservare intatte, quasi immuni vorremmo dire, non contagiate, le loro preziose energie. Ecco tutto: non basta, forse, che il contagio maligno abbiano già per tanto tempo, controvoglia subìto? Che bisogno c’è di andarselo a cercare col lumicino? Prova ne sia, che Perilli, per essersi permesso questa inutile e negativa avventura, ne esce con tutti i disonori: accentuati proprio dalla sua grave condizione di regista “serio”. Sì, se non leggessimo nei titoli di testa il suo nome, potremmo attribuire il suo film a qualunque altro mestierante, e nemmeno ai più solidi. Questa è la morale: a nessun uomo è permesso di uscire dalla propria strada e dalla propria sorte, pena le sofferenze più acute, la desolazione, il disinganno. Nemmeno se il film fosse riuscito più “pulito” e più esatto di quel che non è, avremmo potuto perdonare, in coscienza, a Perilli il suo errore iniziale. Ma ci basta ch’egli sia stato punito dal mediocre e anonimo risultato: e davvero saremmo lieti che il monito fosse valido anche per altri. Per tutti coloro che dicono: tanto per incominciare incominciamo pure con un film che non c’interessa, più tardi vi faremo sapere [...] più fortunato è Perilli, del quale s’annuncia un film importante per la ATA. Ci auguriamo che, così, egli riesca a cancellare addirittura dalla nostra memoria l’infausta impronta margheritiana! Il film si vale d’un unico dato commercialmente positivo (e del resto piacevole abbastanza): l’opportunità offerta a quella viva commediante ch’è Assia Noris gustosamente divertirsi con le improbabili ma movimentate trasformazioni di Margherita. L’attrice, quantunque irregolarmente fotografata, riesce appieno nel suo compito. Anche se una più amorosa regia, una fotografia più felice e coerente, un dialogo e trovate di calibro più efficiente l’avrebbero potuta ben altrimenti sostenere. Quantunque lasciata sola, Assia Noris riesce a dare una prova di talento, di umorismo e di sobrio decoro. Non sapremo mai il perchè di tanti gratuiti carrelli, di certi tagli d’inquadratura spropositati e goffi (la Noris e la Morino tagliate in una lunga scena alle caviglie), e di talune invenzioni scenografiche misere e sciatte» (Vice, “Cinema”, n. 145, 10.7.1942).
«Mi piace quasi sempre Assia Noris attrice, la trovo spiritosa, e, se solo si separasse dalle sue smorfiette, anche viva, anche tenera. [...] Mi piace anche quel che so della sua vita, la saggezza, la disciplina, una benintesa avarizia, un’abilità spesa nei rapporti amichevoli senza troppo peso, nei rapporti mondani senza troppo vanità: ed anche quel suo riferirsi alla patria lontana, alla famiglia elegante, finiscono per non dar noia, fanno parte del suo decoro. [...] Assia, e chi ne dubitava? Non s’inciampa e non s’imbroglia, alterna le pettinature ed i sorrisi, i bronzi e gli abiti con perfetto tempismo, apparendo sempre uguale e sempre diversa. [...] Sorrisi di sdegno della critica intelligente, sorrisi di felicità del pubblico commosso, giusto quel tanto, rallegrato giusto quel tanto: che dosature, che ricette, che fermezza nella frivolità» (I. Brin, “Cine Illustrato”, n. 30, 26.7.1942).
«A me, francamente, è parso che le situazioni fossero comiche, che il ritmo fosse rapido, che non ci fosse la più piccola volgarità e che gli attori, tutti bravi, fossero mossi con gusto e con maestria. [...] Debbo infine concludere con una facile profezia: che questo film scioccarello renderà un sacco di quattrini e che Perilli, indubbiamente esperto e ricco di una intelligenza capace di cose molto più nobili e impegnative, comincia da questo momento una fortunata carriera di regista nel cinema» (D. Calcagno, “Film”, n. 28, 11.7.1942).
«Dino [De Laurentiis] scopre un film tedesco alla Willy Forst, Margherita fra i tre, tratto da una fortunata commedia di Fritz Schwiefert che Andreina Pagnani sta recitando con la Compagnia del Teatro Eliseo. Per sposare l'uomo che ama, una ragazza deve strappare il consenso a tre bisbetici zii di lui fingendo con ciascuno di essere una persona diversa. Dino chiama lo sceneggiatore Ivo Perilli che nel '34 ha diretto Ragazzo, l'unico film italiano vietato dalla censura fascista, e dopo avergli fatto vedere la pellicola tedesca gli propone: "La rifacciamo alla svelta, cotta e mangiata. Vuoi dirigerla tu?" Compito del regista sarà quello di realizzare una copia conforme dell'originale nel tempo record di tre settimane, ma il nostro non lo ha scelto a caso: in qualità di "spalla" intellettuale di Camerini, Ivo è amico e consigliere ascoltatissimo di Assia Noris e può quindi propiziare la partecipazione della diva, scelta risolutiva per il noleggio. Della lavorazione (ultimi mesi del '41) Perilli dichiarò in seguito di ricordare solo i bombardamenti aerei che colpirono Torino. Dino, come al solito, non si è scosso neanche con le bombe, a parte l'impegno che comportano per recuperare il tempo perduto. Nessun problema con la protagonista, che pure ha fama di temperamentale: ma il neoproduttore ha deciso fin dall'inizio di usare con gli attori una linea di comportamento morbida alla quale si atterrà sempre. Affettuosità, blandizie, rispetto e complicità: "Me li coccolo quando sono nervosi, gli porto un dolcino, mando fiori, li invito a cena". Nel corso delle riprese di Margherita fra i tre arriva in visita a Torino papà Aurelio, che si compiace di farsi fotografare con gli attori ed è fiero del successo del figlio. Quando esce, il film incassa quanto basta per andare in pareggio. Non è nato un nuovo regista (Perilli continuerà a lavorare come infaticabile sceneggiatore), ma Dino ha piantato le sue basi nel campo della produzione» (T. Kezich, A. Levantesi, Dino. De Laurentiis, la vita e i film, Feltrinelli, Milano, 2009).
Scheda a cura di Valeria Borello
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