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Persone |
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Alberto Signetto
Córdoba, Argentina, 1954
Regista
Si occupa di cinema e comunicazione dal 1970. È tra i fondatori della cooperativa Artkino che ha distribuito film di Wenders, Lang, Wajda, Sanders e altri e della società di produzione cinematografica e televisiva Rosebud Company. Nel 1986 è direttore per l’Italia di Eurovip (European Video Indipendent Producers), con sede a Bruxelles. Lavora come regista dal 1982. Dal 1992 collabora con la cooperativa Index; dal 1998 lavora con Andrea Pedrana al progetto HLPS (Hasta La Pennoira Siempre!) Ha collaborato con Theo Angelopoulos per O Megalexandros (1980), con Villi Hermann per Matlosa (1981), con Jean Rouch per L’enigma (1986).
Tra i suoi lavori si ricordano: Sympathy for the Rolling (1982), reportage sulla prima tournée italiana dei Rolling Stones; Omaggio a Raul Ruiz (1986); Weltgenie (1988), “video-poesia” ispirata a Turin di Gottfried Benn, che racconta la follia di Nietzsche a Torino; Fish-Eyes (1990), “video-collage” sul cinema e la sua visibilità televisiva; Riflessioni sulla luce (1995), divertissement sulla disoccupazione intellettuale; Govi a Gavi (1996), rievocazione delle riprese di un film interpretato da Gilberto Govi e girato a Gavi (AL); ...Who Dreamt and Made Incarnate Gaps In Time & Space Through Images Juxtaposed... Conversazioni con Robert Kramer (1998), una lunga conversazione con il regista orologi replica americano che ha rappresentato un importante punto di riferimento per il cinema indipendente; Architetture olivettiane a Ivrea (1999), documentario su Adriano Olivetti, il movimento di Comunità e i cambiamenti urbanistici e sociali nella città-laboratorio di Ivrea dagli anni Cinquanta ad oggi; Nella pancia del piroscafo (2006).
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Tre considerazioni dalla citta’ della fabbrica morente
… (à Turin) l’automne est, paraît-il, la plus belle saison.
En somme l’air doit receler un élément dynamique.
Qui se fixe ici devient roi d’Italie …
Friedrich Nietzsche
Lettre à Peter Gast, Turin 1888
1. La sortie de l'usine.
“Quando dalla finestra della mia camera, situata molto in alto, guardo la città, i tetti, i muri e i comignoli alla luce plumbea di un’alba autunnale, quando osservo a volo d’uccello tutto quel paesaggio irto di costruzioni, appena uscito dalla notte, pallidamente albeggiante verso l’orizzonte giallo, ritagliato a stri-sce chiare dalle forbici nere e fluttuanti del gracchio delle cornacchie, ecco, io sento che questa è la vita.” (*)
Cito con qualche imbarazzo le parole che il grande scrittore polacco Bruno Schulz dedica alla sua Drohobycz per introdurre la prima mia considerazione su Torino, la città in cui vivo e lavoro.
Il leviatano annidato nei sotterranei del paesaggio irto di storiche officine ormai rantola, e la città - nella sua interezza composita -titubante esce dalla notte della monocultura industriale, vero e (quanto?) premeditato sbarramento alla pratica della creatività.
Questo non significa - e da almeno una quindicina d’anni - che nessuno si sia mosso e si muova nella notte, anzi: le tenebre hanno affinato la vista e soprattutto la resistenza di una generazione di autori che nella città hanno caparbiamente resistito alle rade lusinghe di un’avventura sul Tevere e soprattutto alla guerra per bande nei corridoi del desolante panorama televisivo nazionale, ben reso dall’icona mitologica del biscione strisciante attorcigliato alle zampe di un cavallo caduto.
E la costruzione e il rafforzamento di strutture sotterranee fino al loro riconoscimento istituzionale - cittadino e poi nazionale - si sono dipanati in questi anni, tra inevitabili momenti di scoramento e feroci tentazioni di branco, con la partecipazione variamente attuata da tanti - anche se non da tutti.
Già, perché - sempre prendendo a prestito le inimitabili parole di Schulz - nella notte buia e tempestosa colpivano alla cieca le forbici della censura e del management, dell’audience e della legge di mercato, applicate con furore dai neofiti dell’impresa.
E volavano basse basse le cornacchie del facile consenso.
2. La ronde.
“In quelle prospettive che si aprono sulle profondità del giorno, lo sguardo si aggira come nell’archivio di un calendario e, come in sezione, distingue le stratificazioni del giorno, le registrazioni infinite del tempo, che scorrono in due spalliere nella gialla e luminosa eternità. Tutto ciò si sovrappone e si ordina nelle fulve e remote formazioni del cielo, mentre in primo piano restano il giorno e il momento attuali, e raramente qualcuno solleva gli occhi verso le scaffalature lontane di quell’illusorio calendario.“ (*)
Ma il giorno è arrivato: confortati dalla consapevolezza e dalla memoria, non c’è più bisogno di aguzzare troppo la vista per riuscire a vedere ciò che anche qui ci potrebbe riservare il futuro. Il potere balla il suo girotondo grottesco sulle macerie della cultura, sulla quale rovescia dagli schermi tutto il suo disprezzo: un girotondo sempre più veloce, dove come in un caleidoscopio anche i colori si confondono, quegli stessi colori che ci hanno divisi ed esaltati negli anni sventati e recenti della giovinezza.
Senza essere invitate, ci hanno raggiunti la capacità di sintesi, quella sottile abilità a leggere l’archivio di un calendario, a distinguere le stratificazioni, ma soprattutto - e di conseguenza - la tentazione terminale e terribile di razionalizzare in eccesso, di rendersi conto, di costruire da noi stessi la casella in cui richiuderci, di rimanere con i piedi per terra: altro che utopie da sovrapporre e ordinare nelle fulve e remote formazioni del cielo.
Prigionieri possibili del mostro disgustoso chiamato buon senso.
Per ironia della sorte, la salvezza viene dalla posizione eccentrica della città, distante e lontana dai centri di potere, che costringe in campo professionale alla precarietà, che rende praticamente impossibile partecipare - volenti e nolenti - al girotondo più basso, quello che a volte ci sarebbe permesso, esibiti come eccentrici fiori all’occhiello dai cortigiani più scaltri e avveduti.
La costrizione alla fine desiderata ai percorsi più tortuosi, il rifiuto di una organicità e di una specializzazione professionale, della scelta di un argomento principale di indagine.
Sempre, in primo piano restano il giorno e il momento attuali, la anarchica caparbietà nel seguire la labile intuizione di un momento, e subito dopo il tuffo forsennato nel lavoro - senza certezze, senza contratti - rapiti da un ennesimo progetto fascinoso quanto probabilmente non rentable, lontano dalle tendenze e dalle mode produttive.
Indipendenza, marginalità forse: ma insieme a questo coraggio e orgoglio. E nessuna elemosina.
3. Ici et ailleurs.
“ Un grande disebriamento, così potrei chiamare il mio stato. Uno sbarazzarsi di tutti i pesi, una leggerezza di danza, un vuoto, una irresponsabilità, un livellamento delle differenze, una dis-soluzione di tutti i legami, un allentamento dei confini. Niente mi trattiene e niente mi lega, mancanza di resistenza, libertà illimitata. Strana indifferenza con cui scivolo leggermente attraverso tutte le dimensioni dell’essere: dovrebbe essere veramente piacevole, non vi pare? Questo vivere senza fondo, quest’ubiquità perenne, questa quasi totale assenza di preoccupazioni, indifferente e lieve … “ (*)
A questo punto, ci vuole una spiegazione a questa esibizione letteraria, da Nietzsche a Bruno Schulz. Si tratta, semplicemente, di due progetti, uno di una decina di anni fa - e che qui viene presentato - e il secondo di cui mi occupo attualmente, mentre prosegue il lavoro su altri, sull’Argentina e sull’handicap.
Di nuovo, come sempre, mi ritrovo preda di una folgorazione improvvisa per uno scrittore già conosciuto e frequentato anni fa, ma divenuto ora impellente e necessario. A me.
Un viaggio fisico e letterario attraverso gli incubi dell’Europa a cavallo degli ultimi due secoli del secondo millennio, ispirato dagli scritti geniali di Bruno Schulz, che nello stesso periodo e negli stessi luoghi ha consumato tragicamente la sua esistenza fisica, seguendo percezioni e percorsi condivisi con complici compagni d’avventura e di studio.
Un anno di lavoro, qui a Torino, tra testi e biblioteche. E Internet. E poi 6000 lunghi, vissuti km tra Austria, Ungheria, Ukraina, Polonia e Germania. Ici et ailleurs.
Purtroppo, la pratica del documentario letterario è molto poco diffusa in Italia e so che sarà molto complicato e difficile riuscire a portare a compimento questo progetto.
Ancora una volta, come sempre. Comunque - proprio male che vada - si può sempre abbracciare un cavallo in via Po, nei primi anni del terzo millennio.
(*) Bruno SCHULZ, dal racconto Il pensionato ne Il sanatorio all’insegna della clessidra, in Le botteghe color cannella, Einaudi, Torino, 1991.
Torino, 24 gennaio 2001 (in occasione del mio 47° compleanno)
Testo pubblicato in Torino città del cinema, a cura di D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, Il Castoro, Milano, 2001.
Collegamenti Film | titolo | regia | data | note | Sympathy for the Rolling | Alberto Signetto | 1982 | Italia, Betacam, 30', Colore | Righeira | Alberto Signetto | 1983 | Italia, U-Matic, 28', Colore | Cinema e architettura – Esterno notte | Maurizio Gianotti, Alfredo Ronchetta, Alberto Signetto, Ferdinanda Vigliani | 1984 | Italia, U-Matic, 20', Colore | Pirata! (Cult Movie) | Paolo Ricagno | 1984 | Italia, 35mm, 95', Colore | L'occhio la macchina la città | Alberto Signetto, Marco di Castri | 1986 | Italia, U-Matic, 30', Colore | Videochronique d’un été | Alberto Signetto | 1986 | Italia, U-Matic, 40', Colore | Graditi ospiti | Lucia Moisio, Alberto Signetto | 1986 | Italia, U-Matic, 43', Colore | Weltgenie | Alberto Signetto | 1988 | Italia, Sconosciuto, 5', Colore | Il ferro contro il viso | Gianluca Maria Tavarelli | 1988 | Italia, 16mm, 30', B/N | Nubi | Gianluca Maria Tavarelli | 1992 | Italia, 35mm, 14', Colore | Torino, una città si accende | Pietro Balla, Giuseppe Selva, Alberto Signetto, Enrico Verra, Daniele Gaglianone | 1998 | Italia, Betacam, 44', Colore | Architetture olivettiane a Ivrea | Alberto Signetto | 1999 | Italia, Sconosciuto, 60', Colore | Civicogarrone 73 Sad Song for a Building | Alberto Signetto | 2004 | Italia, Sconosciuto, 58', B/N e colore | Nella pancia del piroscafo | Alberto Signetto | 2005 | Italia/Argentina, Betacam, 73', Colore | Il mare sul muro | Ilario Blanchietti, Alberto Signetto | 2007 | Italia, MiniDV, 52', Colore | Dal basso dei cieli | Marilena Moretti | 2008 | Italia, Beta Digital, 58', Colore |
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